Avviso alle mamme e ai papà, ma non solo: mettere un bambino davanti ad uno schermo - tv, cellulari, smartphone - non fa bene alla salute del picc
Avviso alle mamme e ai papà, ma non solo: mettere un bambino davanti ad uno schermo – tv, cellulari, smartphone – non fa bene alla salute del piccolo. La prova, definitiva, arriva dalla scienza. Gli esperti di sviluppo infantile hanno scoperto che gli schermi digitali dei nostri device, recano danni alle abilità cognitive e al linguaggio dei bambini.
Negli ultimi anni la dottoressa Mary Brushe dell’Università di Adelaide e del Telethon Kids Institute di Perth, ha pubblicato sul Journal of American Medical Association (Jama) Pediatrics la sua nuova scoperta.
Lo studio ha preso un campione di 220 famiglie australiane con figli di età compresa tra i 12 e i 36 mesi. La ricerca ha visto i suoi autori dotare ogni infante di una sorta di smartwatch in grado di tracciare i rumori circostanti: dalle parole pronunciate dagli esseri umani ai suoni prodotti dai dispositivi elettronici.
I risultati
È emerso che conseguenze più rilevanti sono state osservate sui bambini di 3 anni: per ogni minuto passato davanti allo schermo ha visto, statisticamente, una riduzione di 6,6 parole pronunciate dagli adulti, 4,9 vocalizzazioni dei bambini stessi e 1,1 conversazioni totali.
Di conseguenza, se si considera che il tempo di utilizzo di tv, smartphone, tablet e affini da parte dei più piccoli è ammontato in media a ben 2 ore e 52 minuti al giorno, il conto è presto fatto: in una giornata tipo vengono irrimediabilmente perse 1.139 parole degli adulti, 843 vocalizzazioni dei bambini e 194 conversazioni totali (al ritmo, rispettivamente, di 396, 294 e 66 all’ora).
La possibile soluzione
Lo studio ha così concluso: «l’esposizione agli schermi dei bambini più piccoli interferisce con le loro opportunità di parlare e interagire nell’ambiente domestico». La soluzione? Sensibilizzare i genitori e far sì che i bambini parlino di pèiù e non si lascino attarrre asoalamente dalla luce blu.
«Per quanto ne so, ci troviamo di fronte all’analisi più estesa mai effettuata in questo ambito – ha affermato al Guardian la docente del Murdoch Children’s Research Institute di Melbourne Angela Morgan (che non ha preso parte alla ricerca) –. Per tutti i bambini, le maggiori opportunità di apprendimento del linguaggio si manifestano ovviamente nei primi anni di vita. Determinati indicatori precoci sono in grado di stimare gli esiti linguistici successivi, quindi è davvero importante che la questione sia stata approfondita facendo riferimento proprio a tale fascia di età».
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