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L’INCURSIONE della Guardia di Finanza su mandato della Magistratura inquirente della Procura di Foggia, nel mondo della politica cittadina, segnata da ben sette misure cautelari, tra cui alcuni funzionari pubblici, ha sollevato, come era più che prevedibile, un mare di considerazioni e reazioni contrapposte dei vari soggetti in causa. Sono così venuti fuori una caterva di messaggi incrociati che, al di là delle verità accertate e di quelle sulle quali gli inquirenti lavorano, dipingono un quadro complessivo della politica manfredoniana a tinte fosche.
DI RILIEVO per le implicazioni che coinvolgono la campagna elettorale in vista delle amministrative di giugno prossimo, le sortite dell’ex sindaco Gianni Rotice controbattute dalle considerazioni del PD. «Nonostante le continue pesanti minacce e intimidazioni personali ricevute, sono stato coerente e coraggioso» dichiara l’imprenditore manfredoniano che attribuisce a «regie occulte esterne e connivenze interne, le cause che ci hanno impedito di amministrare, ero ed eravamo scomodi. Non abbiamo mai abbassato la testa o girato lo sguardo, abbiamo sempre avuto la schiena dritta, tant’è che ad un certo punto è stato deciso che dovevano staccarci la spina. In due anni – sostiene – abbiamo rotto il muro di omertà e silenzio su questioni che erano sotto gli occhi di tutti e rispetto alle quali era preferibile girare la testa. Abbiamo fatto luce – dice – su argomenti tralasciati per oltre vent’anni. Forse merito le scuse» soggiunge sostenuto dalla claque della sua ex maggioranza consiliare
RIFERENDOSI alla disputa elettorale asserisce che «per l’affermazione della legalità Manfredonia ha bisogno di coraggio e coerenza come anticorpi all’omertà ed alle connivenze. Deve saper sempre dire di NO a certe logiche, come ha saputo fare, accanto a me, la parte onesta di Assessori e Consiglieri della mia Amministrazione comunale e la parte sana della tecnostruttura di Palazzo San Domenico, che hanno saputo opporsi a certe dinamiche, preferendo, con comportamenti ligi, il rispetto delle Leggi ed il bene dei cittadini».
PARE il manuale del buon amministratore. È invece la visione della realtà «distorta e utilitaristica eppertanto menzognera e fuorviante» il riscontro del PD che in una nota rileva come «L’operazione giudiziaria “Giù le mani” rende chiara l’esistenza di un patto scellerato tra pezzi di criminalità e di politica locali, siglato in occasione delle elezioni amministrative del 2021, che avrebbe interessato diversi esponenti dell’amministrazione Rotice. L’ennesima dimostrazione – affermano i dem – di quanto urgente fosse la necessità di mandare a casa un’accozzaglia di persone che sembrerebbe essere totalmente asservita a logiche e interessi opachi, oltre ad essere incapaci di dare seguito ad uno solo dei provvedimenti necessari a ristabilire la legalità nel nostro territorio».
RIFERENDOSI ai provvedimenti della Procura della Repubblica di Foggia, MariaGrazia Campo rileva come «la Magistratura riporta la mappa delle connessioni e delle connivenze dei vertici amministrativi e politici del centrodestra, non escluso l’ex sindaco, con gli esponenti di punta dei clan locali. Eppure, Gianni Rotice ha la faccia tosta di chiedere le nostre scuse, come se tutti non sapessero che la causa vera della sua rottura con l’ex assessore Angelo Salvemini non fu la demolizione del ristorante ‘Guarda che Luna’ per il quale Rotice assicurò al gestore «il Comune non ti farà niente», ma l’affare della pubblica illuminazione. Un’altra vicenda, quest’ultima, che ha fatto clamorosamente emergere la nefanda connessione tra interessi privati e azione amministrativa del centrodestra e su cui auspichiamo si faccia piena luce».
INTRIGHI, sospetti, connivenze, omertà in parte scoperti e documentati nell’ordinanza della Procura (ma l’ingegnere Gianni Rotice l’ha letta fino in fondo?) e in altra buona parte da svelare e chiarire. Fatti e misfatti in danno dei cittadini, che incombono minacciosi su una città attonita e disorientata.
Michele Apollonio
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