LA MISURA E’ COLMA

È STATA già definita la retata di “S. Francesca Romana” quella eseguita, sabato 9 scorso, dalla Guardia di Finanza a Manfredonia. Complessivamente b

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È STATA già definita la retata di “S. Francesca Romana” quella eseguita, sabato 9 scorso, dalla Guardia di Finanza a Manfredonia. Complessivamente ben sette misure cautelari emesse dalla Procura della Repubblica di Foggia nell’ambito di una operazione significativamente chiamata “Giù le mani”. Persone già note alle forze dell’ordine, ma anche un ex assessore comunale, dipendenti di un’azienda partecipata comunale, e persino una ex segretaria generale del comune di Manfredonia interdetta dai pubblici uffici per dodici mesi. Pesanti e sconcertanti le accuse tra cui estorsione, concussione, corruzione, falso, peculato, minacce e violenza privata, lesioni personali.
UNA CITTA’ e un territorio «offuscati e offesi da fatti di violenza mafiosa e di perdurante illegalità» ha sintetizzato l’arcivescovo padre Franco Moscone che assicura il «fraterno sostegno alle Istituzioni dello Stato che vigilano ed operano per la legalità, e alla sbigottita popolazione di Manfredonia».
UNA popolazione sbigottita certo, ma anche non del tutto sorpresa dagli interventi delle Istituzioni che hanno lavorato su casi in qualche modo già noti per aver avuto una forte esternazione mediatica al momento in cui si sono verificati e riportati nei provvedimenti adottati dalla Procura della Repubblica di Foggia. Naturalmente le indagini proseguono e fermo restando l’evolvere giudiziario delle singole situazioni, non si può non prendere atto di una situazione di forte e diffusa violazione dei basilari principi della corretta amministrazione della cosa pubblica, del buon vivere civile, dell’osservanza della legalità.
I PROVVEDIMENTI degli inquirenti tracciano un excursus dei vari casi considerati che confermano amaramente quello che si era appena percepito al momento in cui si sono verificati e che si è cercato di nascondere sotto la sabbia. Una serie di fatti incresciosi trasversali alla città che hanno alimentato una ormai acuta insofferenza che continua a produrre i suoi effetti paralizzanti. Emblematico è il caco dell’amministratore comunale (ora ai domiciliari) che avvalendosi della sua carica di assessore, avrebbe sollecitato oppure frenato se non bloccato, provvedimenti amministrativi. Un assessore poi licenziato dal sindaco col quale aveva litigato per un appalto non condiviso. E che dire dello “scambio di utilità” della segretaria generale? E del comandante della Polizia locale? E così via discorrendo. Le mani sulla città.
UNO SPACCATO raccapricciante certificato dalle indagini degli inquirenti che evidenzia in maniera ufficiale la necessità di ricostituzione (salve le dovute eccezioni) della tecnostruttura comunale evidentemente condizionabile. Uffici comunali sui quali è stata spesso fatta ricadere la responsabilità di una certa dis-amministrazione dei preposti politici. Cardine su cui tutto poggia è una sana, adeguata, capace, lungimirante, squadra di governo. Se si guarda indietro, la gente col senno dell’oggi, convenire che dietro delle finte buone apparenze, si nascondevano ben altre “virtù”. Quello che oggi si certifica ha acceso i fari su un passato sanzionato con ripetuti interventi dello Stato. Tant’è che siamo al punto e accapo. Un “accapo” che pare manovrato da dietro le quinte dai soliti noti con l’intento di continuare a condizionare una città che si è svuotata (e continua farlo) della parte rigenerante, dei giovani che cercano altrove, e lo trovano, la maniera di affermarsi brillantemente.
MANFREDONIA è alla vigilia di una consultazione popolare per dare alla città una amministrazione comunale ex novo. Mancano più che mesi, alcune settimane e non si vede il benché minimo barlume di orientamento. Il tunnel appare lungo e buio, E soprattutto incerto. La gente è stanca e avvilita, Si fa strada l’idea di chiedere al Prefetto di procrastinare il commissariamento in atto.
Michele Apollonio

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