Libera fa il punto sui beni confiscati in Puglia e in Capitanata: “Colpiamo le mafie su ciò che hanno di più caro”

Un appello per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. E’ quello lanciato da Libera che, in occasione dell'anniversario della legge

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Un appello per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. E’ quello lanciato da Libera che, in occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati.

In Puglia sono 123 le diverse realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata in 43 comuni. Nella nostra provincia sono 28 i soggetti che gestiscono beni confiscati alla criminalità organizzata: a Cerignola, Foggia e Manfredonia. I dati emergono dalla ricerca ‘Raccontiamo il bene – Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie’ di Libera.

Tra questi 2 cooperative sociali e 7 associazioni di vario tipo, che si distinguono rispetto alla tipologia di attività: agricola nel caso delle cooperative sociali, mentre le altre rientrano tra le attività di welfare e politiche sociali. Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica. A tutto questo si aggiunge che, nelle scorse settimane, è stata data notizia del provvedimento di sequestro dei beni riconducibili a Rocco Moretti; provvedimento successivo ad altri ai danni di esponenti di spicco delle mafie foggiane eseguiti in precedenza.

“Come Presidio di Libera, riteniamo fondamentali il sequestro e la confisca dei beni alla criminalità organizzata. Colpire le mafie su ciò che hanno di più caro significa dimostrare la presenza dello Stato nel territorio e restituire alla collettività il maltolto”, spiegano dal presidio Libera ‘Ciuffreda e Marcone’. “A completare questo percorso c’è il riutilizzo sociale che ha un ruolo centrale nella costruzione di un’alternativa alle mafie. Il valore economico e simbolico di queste azioni consente davvero di costruire una società libera dalle mafie e che si riappropria dei beni che le stesse hanno sottratto alla collettività”.

“A tal proposito, auspichiamo che il riutilizzo sociale intervenga già in fase di sequestro dei beni, come previsto dall’art. 40 del Codice antimafia”, continuano. “Il nostro è un appello sia agli organi giudiziari, sia al Comune e al Terzo Settore, affinché si sperimentino già in questa fase esperienze di riutilizzo a fini sociali. Solo in questo modo l’antimafia sociale può farsi concreta e diventare occasione di progresso per l’intera comunità che torna a usufruire dei beni citati, trasformandoli da simbolo di violenza a segnale di rinascita”.

IL CENSIMENTO | Dai dati raccolti appare evidente che i beni confiscati, da espressione del potere mafioso, si sono trasformati in beni comuni, strumenti al servizio delle nostre comunità: tutte queste esperienze sparse nel territorio nazionale e presenti anche nella nostra provincia parlano di un Paese che ha reagito alla presenza mafiosa e che con orgoglio si è riappropriato dei suoi spazi.

Dall’altro lato si segnalano però segnali preoccupanti del mondo della politica nazionale: un attacco costante alle misure di prevenzione, tentativi di privatizzare i beni confiscati e piegarli alla logica dell’economia capitalista, una gestione delle risorse dedicate ad oggi piuttosto confusionaria.

“Non possiamo accettare che ci siano passi indietro su questo. Le misure di prevenzione si sono dimostrate uno dei più importanti strumenti nella lotta alle mafie e alla corruzione, perché da subito hanno agito sul controllo economico e sociale con il quale i clan soffocano i territori”, continuano da Libera Foggia. “Il nostro presidio continuerà la sua azione di formazione, monitoraggio e sensibilizzazione sul riutilizzo sociale dei beni confiscati nella convinzione che, solo con la collaborazione di tutti, possiamo liberare il nostro territorio dalla presenza delle mafie”.

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