Dai panzerotti alla Bari del Levante, l’Islam in Puglia va ben oltre i castelli

Grazie alla penna ispirata di William Dalrymple, internazionalmente riconosciuto come il più fedele erede dei grandi viaggia-raccontatori britannici,

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Grazie alla penna ispirata di William Dalrymple, internazionalmente riconosciuto come il più fedele erede dei grandi viaggia-raccontatori britannici, i 22,4 milioni di lettori mensili del Financial Times stanno scoprendo come in Puglia si manifesta l’«influenza persistente» del «suo passato islamico».

Dai panzerotti alla Bari del Levante l’Islam in Puglia va ben oltre i castelli

L’articolo, pubblicato on line sul sito di Ft, si snoda fra le «tracce degli antichi re e castelli della Puglia» per approdare alla luminosa e travagliata presenza musulmana di Lucera.

Al netto dell’abilità narrativa di Dalrymple (uno che ti fa sentire il profumo degli aghi di pino bagnati di pioggia mentre scala la collinetta di Castel del Monte), questo articolo impone una domanda: qual è l’attualità dell’Islam in Puglia? Diciamo subito che dati aggiornati sulla popolazione musulmana presente in regione non sono disponibili. A essere censiti sono gli immigrati e le cifre sono pressoché costanti negli ultimi anni, attestandosi attorno ai 140 mila.

Il Dossier statistico 2023 della Cigl riferisce di «138.689 i cittadini stranieri residenti in Puglia, il 3,6% della popolazione regionale. Il 19,3% dei cittadini stranieri sono minori, 56.525 gli occupati, 19.210 gli studenti gli studenti». In compenso (fonte Leone Moressa sul 2021) praticamente tutti gli immigrati residenti lavorano e pagano le tasse (i contribuenti in Puglia sono 134 mila).

Oltre ventuno mila residenti provengono dall’Albania (il 15,6% del totale) e oltre diecimila dal Marocco (7,6%). Ma, pur trattandosi di Paesi a prevalenza musulmana, è impossibile dire quale sia la religione maggioritaria di quelli che vivono in Puglia.

Neppure le qualificate fonti delle comunità islamiche baresi sanno dire quante moschee sono presenti sul territorio regionale. Anzi. «Purtroppo in Puglia la parola moschea non esiste – spiega una fonte – ci sono soltanto Centri culturali islamici», cioè luoghi informali in cui operano imam improvvisati.

Allora ha forse ragione lo scritto William Dalrymple quando parla di un’eredità racchiusa nelle testimonianze architettoniche? Lui fa l’esempio di Lucera, dove «nel 1222 Federico prese la decisione di spostare tutti gli arabi rimanenti dalla Sicilia». In questa «città che era, e rimane, eccezionalmente bella», ciò che resta è la luce splendida e il più grande dei castelli federiciani con le sue imponenti mura, i bastioni pentagonali in stile arabo, le fortificazioni, il fossato e, all’interno, decorazioni islamiche. Qui Federico teneva il suo harem sorvegliato da eunuchi, si allietava con le ballerine saracene, supportava produzioni di sete e di armi e allevava cammelli. «Quello che Granada era per la Spagna, Lucera era per l’Italia», sintetizza Dalrymple. Poi però, morto Federico, nel 1295 con Carlo II, tutti furono o convertiti o scacciati o uccisi e di quei decenni “arabi” – secondo il Financial Times – non restano altro che tracce estetiche.

Per il prof. Vito Bianchi, storico dell’Università di Bari e autore, tra gli altri, di «Bari, la Puglia e l’islam» (scritto con Silvia Sanjuán Ledesma, edito da Adda), innanzitutto «parlare di Islam significa parlare anche di Mediterraneo e di religioni che si affacciavano sul Mediterraneo, perché l’Islam si trova naturalmente insieme alle altre due religioni abramitiche che l’hanno preceduto nella Storia e cioè l’Ebraismo e il Cristianesimo. E, come possiamo constatare anche attraverso la lettura della Torah o del Vangelo o del Corano, sono state religioni con una certa spinta anche alla violenza. Ma essa, che è propria di certi passaggi delle religioni, è stata nel tempo stemperata proprio dal Mediterraneo perché in questo mare i discendenti di Abramo sono stati indotti spesso ad andare al di là della fede, al di là di forme di religiosità che spingevano certe volte alla sopraffazione. Alla fine questo mare, con la sua quotidianità, ha dato una maggiore umanità a queste religioni, Islam compreso».

Per il professore un esempio di ciò «è l’emirato di Bari che si sviluppa tra l’847 e l’871 che è un momento anche di contemperazione di vari elementi religiosi, tanto è vero che il terzo emiro di Bari, Sawdan, ospiterà alla sua corte un grande dotto ebreo, Abu Aaron di Baghdad, e sarà con lui in grande sintonia». Una dominazione con elementi positivi, tanto che «a Bari, durante l’emirato, non c’è mai stata una sollevazione popolare», un indice del fatto che vivessero bene e «questo clima di accoglienza nella reciprocità è sopravvissuta a Bari». Una «città che, da allora, dalla dominazione musulmana, guarda a Oriente anche per i propri interessi economici». «Non a caso uno dei simboli di Bari è la Fiera del Levante».

Per Bianchi il Mediterraneo, con i suoi orizzonti, i suoi venti, ha “cauterizzato” le ferite interetniche e ha aperto i cuori, creando consuetudini mentali e contaminazioni che sopravvivono tutt’oggi: «La gastronomia pugliese affonda alcune delle sue radici nella tradizione islamica. È il caso dei panzerotti, prodotto nato in ambito Islamico nel XII secolo, e della parmigiana di melanzane, oltre che di ciceri e tria, delle verdure sott’olio, dei torroncini di mandorle, scapece, cartellate, focaccia con la cipolla».

Per Sabrina Martucci, che insegna Diritto ecclesiastico comparato e Diritto degli enti ecclesiastici all’Università di Bari e coordina il Master della locale Facoltà di Giurisprudenza su Terrorismo, prevenzione della radicalizzazione eversiva, sicurezza e cybersecurity, «le comunità in Puglia sono abbastanza integrate», anche nelle scuole «dove non si segnalano particolari criticità». Quanto alle realtà del capoluogo pugliese dice che «sarebbe auspicabile maggiore apertura ai rapporti con le istituzioni per meglio supportare il percorso di integrazione della comunità, come viene fatto nel resto della Puglia».

Dai panzerotti alla Bari del Levante l’Islam in Puglia va ben oltre i castelli

la gazzetta del mezzogiorno

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