Sanità, altolà alla Regione Puglia: «Basta con le spese extra»

Una buona capacità di spesa, in deciso miglioramento, e un livello di indebitamento definito «sostenibile», a fronte però di significative preoccu

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Sanità, altolà alla Regione Puglia: «Basta con le spese extra»

Una buona capacità di spesa, in deciso miglioramento, e un livello di indebitamento definito «sostenibile», a fronte però di significative preoccupazioni per i finanziamenti della sanità. Ci sono luci ma anche diverse ombre (per quanto più formali che sostanziali) nel giudizio che la Corte dei conti ha formulato sul bilancio previsionale 2023 della Regione: compreso un «giallo» (poi chiarito) sull’ammontare di spese e entrate.

La Regione ha entrate totali pari a 7,48 miliardi di euro, di cui circa 1,544 sono le entrate tributarie al netto del finanziamento sanitario. Detto questo, i magistrati contabili (presidente Barisano, relatore Natali) hanno rilevato che in sede di assestamento la Regione ha dichiarato una diminuzione di 7,8 milioni dello stato previsionale di entrate e spese, quando invece il quadro riassuntivo allegato alla stessa legge riporta un aumento di oltre 4,5 miliardi di euro.

La Regione ha chiarito che la diminuzione va intesa in relazione alla variazione di assestamento, e che da quest’anno renderà più chiari i «valori degli stanziamenti del bilancio di previsione attualizzati anche a seguito delle complessive variazioni intercorse durante l’esercizio finanziario». Una questione non sostanziale, di «accountability», che non mina il rispetto formale degli equilibri di bilancio (pure, questi ultimi, caratterizzati da un refuso nei calcoli rilevato dalla Corte). Ne emerge però un equilibrio di parte corrente positivo (che denota la capacità di far fronte alle spese continuative di funzionamento attraverso le entrate ordinarie): questo saldo viene destinato a sostegno degli investimenti. Non così per il fondo pluriennale vincolato in entrata, di cui la Corte rileva «il significativo, consistente e anomalo scostamento» tra le previsioni iniziali e l’assestamento. Si tratta degli impegni di spesa assunti negli esercizi precedenti, che dunque non dovrebbero variare significativamente in corso d’anno: circostanza quest’ultima – denunciano i giudici «che mina l’attendibilità del dato oggetto di esame da parte del Consiglio regionale».

Il dato migliore emerso dall’analisi è il basso livello dell’indebitamento, a poco meno di 1,5 miliardi di euro. Un indice che si assesta sul 3,4% a fronte di un tetto massimo imposto dalla legge del 20%. I giudici contabili rilevano un trend in discesa (rispetto al 3,99% del 2022 e al 4,39% del 2021). Il debito è peraltro virtuoso, perché finanzia investimenti per ben 804 milioni, cifra in aumento di circa il 20% rispetto all’anno precedente.

Il nodo vero resta, però, ancora una volta, la sanità. Nessun problema né sugli investimenti, né sul costo del personale, né sui riflessi in bilancio dell’emergenza Covid. Anche i debiti (tutti formalmente riconducibili alle Asl) sono quantificati in 1,29 miliardi (di cui 390 milioni scaduti a fine 2022), somma compatibile con il livello di finanziamento del sistema. Il problema è un altro e riconduce a una questione già emersa nel corso del 2023. «Desta perplessità – scrivono infatti i magistrati del Controllo – la previsione di una spesa sanitaria aggiuntiva per il finanziamento di livelli di assistenza superiori ai Lea». La Puglia è infatti in Piano operativa, e dunque sottoposta al divieto di aumentare il perimetro delle prestazioni. Viceversa, come noto, sono state istituite nuove spese (collegate agli screening) valutate in 50 milioni di euro. Soldi prelevati dal bilancio autonomo, ma che la Regione non è formalmente autorizzata ad utilizzare.

Sul fronte del Pnrr, infine, salvi i monitoraggi già annunciati per il semestre in corso la Puglia incassa una promozione. Dopo i rilievi dello scorso anno, la Regione sembra infatti aver adeguato l’organizzazione interna alla gestione dei progetti: la maggior parte dei fondi Pnrr di competenza regionale, va ricordato, sono destinati agli investimenti in sanità. Sono stati tuttavia gli stessi revisori dei conti a segnalare «carenze informative», a partire dalla mancanza di riferimenti al cronoprogramma delle spese.

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