La Puglia fa invidia? Di certo il successo si paga. Così il trionfo turistico, nonostante i mal di pancia per alcune tariffe, la numerose fiction gira
La Puglia fa invidia? Di certo il successo si paga. Così il trionfo turistico, nonostante i mal di pancia per alcune tariffe, la numerose fiction girate qui con il supporto qualificante dell’Apulia Film Commission, il florilegio di talenti artistici, le vittorie della medicina e il consolidarsi di imprese innovative sembrano contrariare altre regioni, specie quelle che sperano di beneficiare dell’autonomia differenziata.
In realtà è una querelle di vecchia data. Nel 2000 il supermanager Franco Tatò, peraltro di padre barlettano, pubblicava il saggio Perché la Puglia non è la California, dove scriveva: «Ordine pubblico, infrastrutture fatiscenti, cantieri interminabili, una burocrazia che affligge, quando non soffoca, l’iniziativa imprenditoriale. Piaghe entrare nel codice genetico locale come una malattia cronica alla quale non si fa più caso».
Nel 2017, Flavio Briatore fu perfino più caustico. Durante l’incontro di Otranto sul tema «Prospettive e Mezzogiorno» dichiarò: «Masserie e casette, villaggi turistici, hotel a due e tre stelle, tutta roba che va bene per chi vuole spendere poco ma non porterà qui chi ha molto denaro. […] Ci sono persone che spendono 10-20mila euro al giorno quando sono in vacanza, ma a questi turisti non bastano cascine e masserie, prati e scogliere: vogliono hotel extralusso, porti per i loro yacht e tanto divertimento».
Affermazioni efficacemente contrastate la scorsa estate da una pubblicistica radicata sul territorio e dunque ben legittimata a riportare una fotografia differente della regione. Al turismo standardizzato e impersonale, la Puglia contrappone una misura umana, di prossimità. Attraversando i centri storici dei borghi marini si sente il profumo della cucina locale. Nel centro storico di Bari sono mitiche le signore che preparano le orecchiette sulle soglie dei bassi, sotto gli occhi dei visitatori.
Sul piano imprenditoriale, dagli altrove di una penisola che già gli arabi definivano «troppo lunga», si guarda in tralice la volontà estremamente determinata di salvare l’Ilva. Come se non ci si rendesse conto che l’acciaio italiano è una priorità tutt’altro che campanilistica.
D’altronde, il Covid richiamò fin dal 2020 molte energie soprattutto giovanili «a casa». Da cui l’ennesimo neologismo di un’americanizzazione del linguaggio che impensierisce la Crusca: south working. E il lavoro al Sud ha creato in Puglia 90mila imprese femminili, oltre 37.500 giovanili, 21.600 messe su da stranieri e quasi 700 startup. È un primato nel Meridione, superato solo dalla Campania. Per di più, indirizzato proprio nel verso che auspicava certo pensiero liberista. Non il «posto fisso» di zaloniana memoria, bensì l’iniziativa privata, non soggetta all’assistenzialismo e al contrario produttrice di benessere.
Nel campo sanitario, fra tanti traguardi raggiunti dalla medicina pugliese non si può ignorare il primo intervento chirurgico eseguito in remoto lo scorso settembre. Un paziente affetto da distrofia epiteliale di Cogan, una patologia della cornea, è stato operato con tecnologia 5G. A Bari, senza il bisogno della cosiddetta migrazione ospedaliera.
Inutile, poi, attardarsi sul predominio assoluto di genialità pugliese quanto alle performing arts, al cinema, alla televisione e alla letteratura. Non per fortuna o per miracolo. La solarità e il carattere pugliesi sono fatti, non opinioni, che dovrebbero suscitare ammirazione, non labbra arricciate e nasi storti.
Su tutto questo incombe il nuovo assetto autonomista, che rappresenta la concessione del governo di centro destra alle istanze della Lega. Afferma Gianfranco Viesti: «Non ci dobbiamo mettere in un angolo dove se compensiamo per il Mezzogiorno tutto va bene. Questo è un progetto che riscrive completamente l’Italia, decostruisce lo Stato centrale, lo rende un moncherino e crea delle super regioni che non esistono in nessuna parte del mondo. Con competenze e poteri di veto su materie che vanno dalle infrastrutture all’energia, dall’ambiente ai beni culturali».
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