Nessuna traccia del “pericoloso” Raduano, il boss evaso da un carcere di massima sicurezza ricercato in tutta Europa

Va avanti da quasi undici mesi la latitanza del boss della mala garganica a capo dell'omonimo clan di Vieste e latitante dal 24 febbraio 2023, Marco R

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Va avanti da quasi undici mesi la latitanza del boss della mala garganica a capo dell’omonimo clan di Vieste e latitante dal 24 febbraio 2023, Marco Raduano, uno dei tre italiani ‘pericolosi’ inseriti nella lista dei criminali latitanti ricercati da Europol con Enfast. Condannato all’ergastolo nel procedimento Omnia Nostra, “il profilo criminale di Raduano è particolarmente importante” si legge nella scheda: “Egli, infatti, è al vertice dell’omonima organizzazione criminale operante sul Gargano, a Vieste, federata ad altri clan di Manfredonia, con il ruolo di promotore, organizzatore e spietato killer del gruppo, dedito al perpetrazione di omicidi, traffico di droga e gestione del racket delle estorsioni. È notoriamente conosciuto negli ambienti criminali del Gargano e di Foggia come ‘pallone’ o ‘Woolrich'”.

Marco Raduano ricercato europol

La latitanza di Marco Raduano

Raduano è riuscito ad evadere dal carcere di Nuoro con modalità fantozziane, peraltro riprese su tik tok e sui social, da centinaia di migliaia di utenti con il sottofondo di ‘Maresciallo non mi prendi’. Un aspetto disarmante secondo il Procuratore di Bari, Roberto Rossi, perché “indica anche la capacità della mafia foggiana di diventare un simbolo dell’intero territorio”. Durante un’audizione in Commissione Parlamentare dell’estate scorsa, il procuratore Rossi si era detto convinto che la fuga di Raduano prima o poi sarebbe terminata. “C’è un lavoro investigativo forte, lo prenderemo”.

Da quel giorno sono trascorsi altri cinque mesi e mezzo, ma di ‘Pallone’ non c’è traccia. O perlomeno così sembra. 

La scena da film racchiusa in 16 secondi di filmato continua a circolare accompagnata dalla stessa domanda: come sia potuto succedere in un carcere di massima sicurezza. Il 40enne, esponente di spicco della mafia garganica, si è calato dalla struttura scivolando lungo le lenzuola annodate. Dopo il tonfo, la corsa. La fuga era pianificata da tempo e il boss avrebbe goduto dell’appoggio di qualcuno. La sala operativa del carcere nuorese, stranamente, quel giorno non era presidiata per mancanza di personale.

Il boss stava scontando una condanna definitiva a 19 anni per traffico di droga. In passato ci vollero cinque mesi di ricerche dei carabinieri per rintracciarlo e notificargli la sorveglianza speciale disposta dopo la scarcerazione. 

Il 21 marzo 2018, l’ex luogotenente di Angelo Notarangelo detto ‘Cintaridd’ e a capo degli ‘scissionisti’, fu vittima di un agguato compiuto dai cugini Giovanni e Claudio Iannoli del clan opposto dei Perna: entrambi sono stati condannati a 18 anni di reclusione a testa.

La guerra di mafia tra gli scissionisti era cominciata dopo la spaccatura interna al gruppo che fino al gennaio del 2015 era capeggiato da Angelo Notarangelo

 A seguito del suo omicidio avvenuto il 26 gennaio di quell’anno, si erano poi create due fazioni contrapposte, che per il monopolio del mercato della droga e degli affari illeciti, aveva insanguinato Vieste, con ben nove omicidi, oltre a svariati agguati ai danni di vari esponenti dell’una e dell’altra consorteria criminale, tutti caratterizzati dalla tipica connotazione del “botta e risposta’.

Il 20 ottobre Orazio Lucio Coda, uno dei cinque collaboratori di giustizia che hanno voltato le spalle alla criminalità garganica, rispondendo alle domande del pm Ettore Cardinali della Dda di Bari nell’ambito del processo per l ‘omicidio Trotta, incardinato dinanzi alla Corte d’Assise di Foggia, aveva evidenziato cosa realmente avesse determinato la sanguinosa contrapposizione tra clan, vale a dire l’omicidio di Giampiero Vescera, cognato di Raduano, che avrebbe segnato una cesura importante nelle dinamiche delle alleanze: “Prima Raduano era alleato con i Montanari, ma aveva capito che poteva esserci il loro zampino nella morte del cognato”, Tramite Danilo Pietro Della Malva, si sarebbe aperto il varco con i Mattinatesi “e ancora oggi sono il clan reggente”, sottolinea.

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