Multe salate per la pesca di ricci vietata in Puglia: il prelievo illegale costa fino a 12mila euro

Rischia una multa da 2mila a 12mila euro chi raccoglie illegalmente ricci di mare nelle acque pugliesi. La Giunta regionale, su proposta dell’a

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Rischia una multa da 2mila a 12mila euro chi raccoglie illegalmente ricci di mare nelle acque pugliesi.

La Giunta regionale, su proposta dell’assessore Donato Pentassuglia, con delega a Caccia e pesca,  ha scelto di applicare le sanzioni previste dalla normativa nazionale, e in particolare dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 4 del 2012.

L’inosservanza delle disposizioni contenute al comma 1 dell’articolo 2 delle legge regionale n. 6 del 2023, dunque, comporta, testualmente, “il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 12.000 euro, salvo che il fatto costituisca reato”.

Le direttive di attuazione della legge regionale ‘Misure di salvaguardia per la tutela del riccio di mare (Paracentrotus Lividus)’ emanate dalla Giunta regionale lo scorso 7 dicembre, prevedono, inoltre, in caso di violazioni, la revoca immediata dell’autorizzazione alla pesca subacquea professionale che non si potrà riottenere per i successivi tre anni, e l’esclusione dal progetto di monitoraggio e di recupero ambientale ed eventuale risoluzione anticipata e recesso del contratto stipulato con l’Agenzia Agris.

In caso di prelievo involontario di esemplari di riccio di mare da parte di qualunque soggetto, la cui natura accidentale deve essere debitamente giustificata e comprovata, gli esemplari devono essere immediatamente rigettati in mare nel sito di prelievo.

Si attende la definizione del giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale. A giugno,il consiglio dei ministri ha deciso di impugnarla. Secondo il Dipartimento per gli Affari regionali, la legge dimostrerebbe un duplice eccesso di competenza del legislatore regionale avendo introdotto “la nozione giuridica di mare territoriale regionale […] sconosciuta al nostro ordinamento”, in violazione della competenza statale sulle acque costiere, e avendo perseguito l’obiettivo di preservare la specie marina del riccio di mare, in violazione della disciplina del fermo di pesca rientrante nella materia statale di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

A luglio, la Giunta regionale ha deciso di costituirsi dinanzi la Corte Costituzionale per resistere al ricorso proposto dal presidente del Consiglio dei ministri per la declaratoria di incostituzionalità.

La legge, come ha ricordato l’assessore Pentassuglia nella sua relazione, “ha preso le mosse dalla situazione di emergenza ittica riguardante la sopravvivenza della specie del riccio di mare (Paracentrotus lividus), posta a repentaglio dai ‘massicci prelievi’ provocati dal turismo di massa. Il riferimento è alle trasformazioni antropiche dell’ambiente e dell’ecosistema marino imposte dalla presenza estiva di milioni di turisti, aventi una pretesa di consumo del riccio di mare sproporzionata rispetto alla relativa capacità riproduttive”.

La legge persegue lo scopo di “favorire il ripopolamento del riccio di mare nei mari regionali”.

Il divieto vige da maggio, per un periodo di tre anni.

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