Fino al Seicento, come succedeva ovunque, anche a Manfredonia erano le chiese ad ospitare i morti: i ricchi venivano seppelliti al loro interno, a
Fino al Seicento, come succedeva ovunque, anche a Manfredonia erano le chiese ad ospitare i morti: i ricchi venivano seppelliti al loro interno, ad esempio sotto il pavimento o tumulati nelle pareti laterali (con lapidi visibili ancora oggi), mentre i poveri giacevano in fosse comuni all’esterno.
Ma all’Arcivescovo Cardinale Vincenzo Maria Orsini (divenuto poi papa col nome di Benedetto XIII) vedere le chiese così piene di morti da sembrare “pavimentate di cadaveri” proprio non andava giù ed intorno al 1680 ordinò il seppellimento per inumazione (ovvero, in una fossa scavata nella terra), in un camposanto (letteralmente: terra benedetta) accanto alla cattedrale e vicino al campanile (che proprio lui aveva fatto costruire).
Passeggiando su corso San Matteo (l’attuale corso Roma) di circa trecento anni fa, dalle parti di piazza Duomo era possibile leggere su un grande portale questa (lugubre) iscrizione che dava il benvenuto al primo cimitero, nato come una fossa comune:
“Cittadino viandante,
questo cimiterio, […] ti guarda e ti aspetta
è per te scuola aperta nella polvere,
non sia la tua mente oscurata dalla superbia
fermati dunque qui
meta del tuo viaggio per conoscere ciò che domani sarai
considera ciò che sei oggi
uomo in cenere,
sarai cenere nella terra.
Il male comune insegna,
è opportuno un efficace rimedio
se vuoi conoscere il principio,
guarda la fine
diventerai da spettatore spettacolo
vivi per la morte, vivi per Dio”
(fonte Antonio Universi)
All’epoca, però, il seppellimento era ben diverso da oggi. Quando si portava nel camposanto un nuovo estinto, si sollevava un coperchio in pietra e si ‘gettava’ il corpo nella fossa. Accadeva dunque che, defunto dopo defunto, scoperchiando di volta in volta la fossa, le esalazioni che si sprigionavano dai corpi in decomposizione erano nauseabonde.
Fu così che Monsignor Tommaso Maria Francone, Arcivescovo di Manfredonia dal 1777 al 1799, date le numerose lamentele della popolazione per quell’aria così insalubre nel centro cittadino da essere a volte persino mortale, decise di costruire il primo camposanto moderno, ovvero un cimitero fuori le mura, a “130 passi” dalla città, in direzione Ovest, con l’ingresso esattamente dove oggi si trovano le Poste di via Enrico Toti, e che si estendeva fino ai piedi della chiesa della Croce. Anche qui, però, le salme venivano inumate in fosse comuni ed il problema delle esalazioni si risolse solo con l’inizio delle tumulazioni nell’attuale cimitero che tutti conosciamo e che sorse nel 1844 al posto del soppresso convento dei Cappuccini, accanto alla chiesa dell’Umiltà.
Nel sottosuolo nei pressi della cattedrale, così come presso le Poste di via Enrico Toti, con molta probabilità vi sono dunque sepolti ancora oggi i resti dei nostri avi che qui trovarono secoli orsono l’eterno riposo.
Ed il 2 novembre, giorno in cui si commemorano i defunti, un pensiero va anche a questi nostri lontani, eppur così incredibilmente vicini, parenti.
Maria Teresa Valente
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