Invasione di meduse in Puglia, l’esperto spiega: «Effetto Niño, sono cambiate le correnti: qui arrivano da Gibilterra»

Le meduse che tanto preoccupano i bagnanti e di cui sembra esserci una particolare abbondanza questa estate nei nostri mari (tante LE SEGNALAZIONI) «p

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Le meduse che tanto preoccupano i bagnanti e di cui sembra esserci una particolare abbondanza questa estate nei nostri mari (tante LE SEGNALAZIONI) «possono anche causare lesioni dolorose e durature, ma niente allarmismo, solo prudenza», raccomanda Stefano Piraino, professore di Zoologia all’Università del Salento, direttore del Museo di Biologia marina dell’ateneo leccese e dell’Unità di ricerca del Conisma (Consorzio nazionale interuniversitario delle scienze del mare.

Professore, lei ha lavorato ad un programma internazionale per lo studio e il monitoraggio delle meduse. Cosa è emerso?
«Sì, era il Med- Jellyrisk, al quale hanno partecipato anche i cittadini che, nel corso di dieci anni, ci hanno permesso di acquisire circa 500mila segnalazioni lungo tutte le coste italiane, spagnole, maltesi e tunisine. Ora stiamo lavorando ad un altro progetto denominato ActNow che studia gli effetti del cambiamento climatico attraverso l’osservazione dei diversi habitat, incluso quello della colonna d’acqua in cui ci sono le meduse».

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La presenza della medusa Pelagia noctiluca, tanto temuta per i suoi tentacoli urticanti, sembra essere particolarmente massiccia quest’anno nei nostri mari.
«Nel caso della Pelagia noctiluca, ciò che è successo negli ultimi venti anni, cioè l’incremento progressivo della temperatura dell’acqua del mare, ha determinato un allungamento del periodo riproduttivo della medusa. Mentre prima la riproduzione avveniva uno o due mesi l’anno, adesso la medusa si riproduce per nove mesi l’anno».

In caso di contatto con una medusa urticante, cosa si deve fare?
«Occorre lavare subito la lesione con acqua di mare e non con acqua dolce. Questo è molto importante. Generalmente non si hanno gravi conseguenze e il bruciore va via rapidamente. È bene anche adagiare sulla lesione qualcosa di freddo, come una lattina di birra o altri oggetti conservati nelle borse frigo. Il fenomeno che stiamo osservando questa estate non deve allarmarci. Il mare ha una sua capacità di resilienza. Intanto, le meduse non insistono sempre nello stesso posto. In particolare, la Pelagia noctiluca ha capacità di movimento, ma viene soprattutto trasportata dalle maree».

Perché questa estate le meduse sono presenti in quantità più abbondanti del solito nei mari italiani e pugliesi in particolare?
«Molto probabilmente si tratta dell’effetto dei cambiamenti di circolazione delle correnti, a sua volta legato al fenomeno climatico del Niño. Quando questo fenomeno si risveglia, come sta succedendo quest’anno, fa sì che nel Mediterraneo centrale, al livello dello Ionio settentrionale, l’orologio delle correnti giri in una direzione diversa. Anziché andare in direzione oraria, va in direzione antioraria. In questo modo arrivano verso la Puglia acque che provengono dal Canale di Sicilia, a loro volta alimentate dalle correnti in entrata dall’Atlantico. La Pelagia noctiluca è una medusa molto abbondante in Atlantico e arriva fino in Irlanda. Nel Mediterraneo entra attraverso lo Stretto di Gibilterra, per poi venire trasportata fin qui dalle correnti marine».

Dunque, questa medusa è presente anche in altri mari italiani, oltre allo Ionio.
«Esatto, è presente lungo tutta la costa del Tirreno. Quella è una zona tra le più frequentate da questi esemplari. Noi dobbiamo immaginare che queste meduse sono capaci di muoversi verticalmente, in aree in cui ci sono delle grandi profondità. Isola d’Elba ed Eolie, ad esempio, sono circondate da canyon sottomarini in cui le meduse possono stazionare anche per alcuni mesi, salvo poi risalire per effetto delle correnti. Tirreno e Mediterraneo occidentale sono particolarmente colpite dalle Pelagie, ma quando ci sono condizioni particolari riescono a spingersi verso l’alto Ionio e persino in Adriatico. Abbiamo localizzato presenza di queste meduse persino nelle acque che bagnano Trieste, dunque all’estremo nord delle coste adriatiche».

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