Uno dei portaborse del gruppo regionale del Pd, un comunicatore con contratto da 10mila euro l’anno, ha invece ottenuto per tutto il 2012 uno stipendi
Uno dei portaborse del gruppo regionale del Pd, un comunicatore con contratto da 10mila euro l’anno, ha invece ottenuto per tutto il 2012 uno stipendio di 3.300 euro al mese. È per questo che la sezione regionale della Corte dei conti ha condannato il capogruppo del Pd, Filippo Caracciolo, a restituire la differenza alle casse pubbliche.
È una delle cinque condanne che nei giorni scorsi i magistrati del Controllo (presidente Enrico Torri) hanno notificato al Consiglio regionale in relazione alle verifiche dei bilanci 2022. Quella che riguarda il Pd è la più pesante, soprattutto per le giustificazioni che i Dem hanno provato a fornire sul perché – a fronte di 10mila euro previsti – abbiano invece versato al collaboratore, Emilio Mola di Francavilla Fontana, 39.600 euro. «Il pagamento – ha spiegato il gruppo Pd ai magistrati, in risposta alla richiesta di chiarimenti – viene effettuato sulla base delle fatture emesse dai collaboratori». Come dire, insomma, che sarebbe stata liquidata una fattura di qualunque importo. Inevitabile, dunque, la contestazione contenuta nel provvedimento: «Il riscontro fornito dal Gruppo – scrive la Corte dei conti in delibera (relatore Natali) – oltre a restituire il dato della mancanza di un controllo di corrispondenza tra quanto pattuito in tema di compensi dei collaboratori e quanto pagato – risulta privo di fondamento giuridico, nella misura in cui pretende di legittimare il superamento del limite convenuto in tema di corrispettivo; circostanza che risulta inaccettabile in quanto quel corrispettivo trova copertura in risorse pubbliche, il cui utilizzo deve sempre trovare un congruo fondamento».
Il Pd dovrà dunque restituire sia la differenza (29.600 euro) tra quanto previsto dal contratto e quanto effettivamente pagato, più altri 1.500 euro versati a un’altra collaboratrice a titolo di «indennità di recesso»: peccato che non fosse prevista dal contratto. E dunque il capogruppo, che assume il ruolo di rappresentante legale, dovrà pagare 31.100 euro salvo poi farsi rimborsare – in quota parte – dai colleghi consiglieri.
A fine marzo la Corte dei conti ha chiesto una serie di chiarimenti a tutti i gruppi politici, rispetto ai bilanci dello scorso anno. Le questioni formali sono state tutte sistemate con integrazioni documentali, anche se continuano ad emergere irregolarità nei contratti: questo perché – in base a un orientamento ormai consolidato – il costo delle consulenze per i cosiddetti esperti non può figurare tra le spese di personale (per le quali ciascun consigliere ha un budget di 53mila euro l’anno), ma deve andare tra le spese di funzionamento gruppo (dove invece ogni consigliere ha soltanto 5mila euro l’anno).
Per aggirare questo divieto sono stati utilizzati alcuni schemi creativi. Fratelli d’Italia (condannata a restituire 3.700 euro con trasmissione degli atti alla Procura erariale) ha documentato che il lavoro di «analisi legislativa» di un collaboratore riguarda la ricerca dei tartufi e i relativi cani: il gruppo meloniano se l’è cavata, stavolta, con un cartellino giallo. Al gruppo «Con Emiliano» è stata ordinata la restituzione di 709,48 euro, con trasmissione alla Procura erariale per il cuscino di fiori (130 euro) mandato a un collega defunto: non può rientrare tra le spese di rappresentanza. Condanne alla restituzione e trasmissione atti anche per Cinque Stelle (1.613 euro) e gruppo Misto (1.810 euro).
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