Una «rivoluzione culturale», un cambio radicale delle politiche per la gestione del territorio capaci di restituire dignità e valore al ruolo dei tecn
Una «rivoluzione culturale», un cambio radicale delle politiche per la gestione del territorio capaci di restituire dignità e valore al ruolo dei tecnici. Solo così si potranno ridurre i rischi ed evitare il ripetersi di tragedie. Ne è convinto Umberto Fratino, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Bari e professore ordinario di Costruzioni idrauliche, marittime e idrologia al Politecnico di Bari.
Presidente, come spiega la catastrofe dell’Emilia-Romagna?
«Si è trattato di un evento con carattere di straordinarietà, anche se in passato abbiamo spesso assistito a fenomeni analoghi. Oggi, però, le conseguenze sono particolarmente gravi. E le ragioni sono diverse e concomitanti. A partire da quelle di natura fisica- meteorologica. Le precipitazioni degli ultimi giorni si sono sommate a quelle della prima settimana di maggio, con un effetto devastante sui corsi d’acqua. Ma questa circostanza non basta a spiegare la devastazione».
Quali sono gli altri fattori che hanno inciso?
«Ci sono ragioni di natura tecnica, psicologica e sociale. Affrontare il tema della convivenza tra natura e uomo attraverso strumenti tecnici è retaggio di una logica antica, predominante dagli anni ‘30 agli ‘90, che intendeva valorizzare territori economicamente più deboli. Da qui l’abuso di arginatura sui territori, osservato anche in Puglia.
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