Oggi in Italia più di 144mila cittadini vivono dopo la diagnosi di tumore del rene. Anche per i pazienti con la malattia in fase avanzata sono sempre
Oggi in Italia più di 144mila cittadini vivono dopo la diagnosi di tumore del rene. Anche per i pazienti con la malattia in fase avanzata sono sempre più concrete le possibilità di sopravvivenza a lungo termine, grazie a terapie innovative”. È il commento dell’Associazione Nazionale Tumore del Rene (Anture) alle parole di Michela Murgia, che ha recentemente rivelato in un’intervista di essere colpita da carcinoma renale al quarto stadio.
Anture vuole fare i migliori auguri a Michela Murgia e sottolineare ciò che ricordano gli esperti. “Oggi come oggi, soprattutto per il tumore renale- scrive su Twitter Camillo Porta, professore ordinario di Oncologia Medica all’Università Aldo Moro di Bari e direttore della Divisione di Oncologia Medica del Policlinico di Bari– i pazienti lungosopravviventi anche in stadio IV sono una realtà, e iniziamo timidamente a parlare di guarigione. E guadagnare tempo, non è solo guadagnare vita, ma anche poter beneficiare domani di nuovi farmaci sempre più attivi”.
“Più di sette pazienti su dieci- aggiunge Giuseppe Procopio, direttore dell’Oncologia Medica Genitourinaria e del Programma Prostata dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano– sono vivi a cinque anni dalla diagnosi di un carcinoma del rene in Italia. Questi risultati sono oggi possibili grazie a un integrazione di cure farmacologiche, sistemiche o loco regionali“.
“In questi ultimi anni- conclude Sergio Bracarda, direttore della struttura complessa di Oncologia medica e traslazionale e del dipartimento di Oncologia presso l’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni e presidente della Società Italiana di Uro-Oncologia (Siuro)– abbiamo notevolmente aumentato il nostro livello di conoscenza della malattia e questo, unitamente al numero crescente di opzioni terapeutiche, non solo farmaci, e alla frequente consuetudine al confronto multidisciplinare fra specialisti sta portando ad una crescente probabilità di controllo della malattia e a una sua cronicizzazione, anche ‘indefinita nel tempo’, basti pensare a quanto successo alle forme con componente sarcomatoide“.
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