Foggia, per gli abusi sui pazienti del «Don Uva» tutti in libertà i 30 indagati dalla procura

Dopo oltre due mesi di carcerazione preventiva tra cella inizialmente e domiciliari successivamente, è tornato libero uno degli ultimi indagati ancora

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Dopo oltre due mesi di carcerazione preventiva tra cella inizialmente e domiciliari successivamente, è tornato libero uno degli ultimi indagati ancora detenuto per l’inchiesta “New life” (30 indagati tra 8 infermieri, 19 operatori socio sanitari, 2 educatori professionali, 1 addetto alle pulizie) sui presunti maltrattamenti ai danni di 25 pazienti oligofrenici ricoverati nella residenza socio sanitaria riabilitativa presso l’ospedale “Don Uva” di via Lucera a Foggia. Si tratta di Pasquale Andriotta, 59 anni, cerignolano residente a Orta Nova, operatore socio sanitario. La Procura sulla scorta di riprese video lo accusa di concorso in maltrattamenti aggravati perché commessi ai danni di disabili, per aver adoperato sevizio o comunque agito con crudeltà, umiliando “le vittime anche al solo fine di deriderle”, per aver vessato chi per condizioni psichiche, familiari e sociali non aveva modo di chiedere aiuto e di denunciare l’accaduto. Andriotta risponde anche di concorso in sequestro di persona per aver tenuto 5 pazienti nella sala mensa per alcune ore “senza alcun giustificato motivo”; e di violenza sessuale perché avrebbe palpeggiato una paziente affetta da gravissimi ritardi mentali, “atto sessuale” contesta il pm “che sebbene effettuato a scopi canzonatori e emettendo nel contempo un verso simile a quello di un’anatra, violò comunque la corporeità sessuale” della parte offesa

Abusi al «Don Uva» torna in libertà l’ultimo degli indagati blitz new life

L’indagato, difeso dall’avv. Francesco Americo, respinge le accuse: nell’interrogatorio davanti al al gip all’indomani del blitz del 24 gennaio, ammise qualche comportamento inopportuno ma non certo maltrattamenti per arrecare del male o deridere le pazienti; negò il sequestro di persona, rimarcando tra l’altro che le stanze del reparto non hanno serrature o sono rotte per cui non si potevano chiudere dentro le degenti; e escluse la violenza sessuale, parlando di mano poggiata sul gluteo di una ricoverata unicamente per spingerla a prendere un carrello.

In occasione del blitz dei carabinieri del nucleo investigativo scattato all’alba del 24 gennaio scorso con l’esecuzione di 30 ordinanze cautelari (7 in carcere, 8 ai domiciliari, 15 divieti di avvicinare le parti offese e/o di dimora presso il “Don Uva”), il giudice per le indagini preliminari del Tribunale dauno Marialuisa Bencivenga dispose per Andriotta la detenzione carcere, dedicando alla sua posizione processuale 35 delle 314 pagine del provvedimento restrittivo. “La misura di massimo rigore” (il carcere) “si giustifica” scrisse il gip “in virtù del gravissimo disvalore dei fatti commessi, dell’insistente reiterazione degli atti di sopraffazione, sopruso, vessazione e maltrattamento; dell’indole particolarmente malvagia; dell’insensibilità dimostrata nei confronti di soggetti sottoposti alle sue cure”. Il 2 febbraio, dopo l’interrogatorio di garanzia, Andriotta ottenne dal gip gli arresti domiciliari, che sono stati ora revocati come chiesto dal difensore, l’avv. Francesco Americo; c’era anche il parere favore del pm all’istanza difensiva.Il gip ha ritenuto le esigenze cautelari attenuate “in considerazione del decorso del tempo e della condotta tenuta dall’Andriotta”: da qui la rimessione in libertà, all’indagato il giudice ha comunque imposto il divieto di dimora nel “Don Uva” e di avvicinare le parti offese. L’avv. Americo nel chiedere e ottenere la rimessione in libertà dell’operatore socio sanitario ha posto tra l’altro l’accento sull’assenza del rischio dell’ipotetico rischio di reiterazione del reato, in quanto “Universo salute”, la società che gestisce la residenza socio sanitaria riabilitativa, ha annunciato e fatto notificare lettere di licenziamento a gran parte degli indagati dell’inchiesta “New life”.

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