C'è anche un 36enne foggiano tra le 24 persone destinatarie di misure cautelari (tra arresti in carcere, domiciliari e obbligo di dimora) eseguite nel
C’è anche un 36enne foggiano tra le 24 persone destinatarie di misure cautelari (tra arresti in carcere, domiciliari e obbligo di dimora) eseguite nell’ambito dell’operazione ‘Alcatraz’ messa a segno da carabinieri e polizia penitenziaria a Trapani.
L’operazione è scattata all’alba in diverse città: Palermo, Trapani, Benevento, Bari, Porto Empedocle, Mazara del Vallo e Avola.
Come riporta PalermoToday, i soggetti sono accusati, a vario titolo, di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, abuso d’ufficio, truffa, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, evasione, accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione e omessa denuncia di reato.
L’operazione è giunta al termine di indagini condotte dai militari del Comando provinciale di Trapani e dagli agenti del Nucleo investigativo regionale Sicilia, avviate nell’ottobre del 2019, in seguito alle denunce presentate da alcuni detenuti passati dal carcere ‘Pietro Cerulli’ che avevano segnalato episodi di corruzione.
Secondo l’accusa, alcuni indagati avrebbero consentito – dietro dazione di denaro – l’introduzione di cellulari (oltre 50 quelli sequestrati), sostanze stupefacenti e altri beni (come armi improprie, sigarette e profumi) in favore di soggetti reclusi, alcuni dei quali appartenenti anche alla criminalità organizzata e ristretti in reparti di alta sicurezza. Gli episodi di corruzione non si sarebbero solo consumati attraverso la consegna di denaro, ma anche mediante prestazioni sessuali con la convivente di un detenuto. Tuttavia, non mancavano metodi alternativi: in alcuni casi venivano lanciati oltre il muro di cinta palloni imbottiti di droga o di telefonini, o si utilizzavano dei droni grazie alla collaborazione di persone specializzate.
Nella nota diramata dai militari è emerso uno “spaccato inquietante della realtà carceraria trapanese, in cui la possibilità di utilizzare telefonini per comunicare all’esterno sembrerebbe essere diventata indispensabile per la quotidianità”. Secondo gli investigatori, erano diversi i metodi utilizzati per introdurre materiali in carcere.
In totale sono 30 le persone indagate, tra le quali quattro agenti di polizia penitenziaria non più in servizio. Due di essi non risultano fra i destinatari del provvedimento cautelare.
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