Ogni mille residenti, in Puglia, i neonati sono soltanto 6,7, mentre i morti 11,4. Il tasso di crescita naturale si attesta sul -4,7 per mille. E il s
Ogni mille residenti, in Puglia, i neonati sono soltanto 6,7, mentre i morti 11,4. Il tasso di crescita naturale si attesta sul -4,7 per mille. E il saldo migratorio, tra chi arriva dall’estero e chi invece va a vivere altrove, è negativo. Così la Puglia nel 2022 ha perso 5,7 residenti ogni mille. La fotografia dell’ Isat, che ieri ha pubblicato gli indicatori del bilancio demografico con i numeri divisi per provincia, è impietosa e spiega bene il fenomeno dello spopolamento di alcuni territori.
A partire dal tasso di nascita, che oscilla dai 6,2 neonati (dati per mille abitanti) di Taranto (uno dei territori in Italia più poveri di nuovi nati) ai 7,1 della Bat , per arrivare al tasso di mortalità. Il saldo, quindi l’indice di crescita naturale (in sintesi: la differenza tra nati e morti nel 2022) è pesante ovunque, ma più attenuato nella Bat e nel Barese. Altrove è un’emergenza senza attenuanti. E lo stesso vale per le Mifrazioni: Foggia, Brindisi e Taranto sono i territori da cui più spesso – in Puglia – si parte per raggiungere un’altra regione. E gli arrivi dall’estero, neanche in un periodo così particolare, bastano a mitigare il fenomeno. Sono soltanto quattro le regioni italiane in cui tra chi parte e chi arriva si perdono cittadini: Puglia, Sicilia, Calabria e Sicilia. Il Mezzogiorno. Quel Sud che per decenni è stato serbatoio di giovani che hanno lavorato e prodotto ricchezza anche altrove, ma che oggi si ritrova ad avere un’età media più bassa rispetto al Nord, ma anche una prospettiva diversa. Perché tra nascite sempre più basse, mortalità negli standard, emigrazione e scarsi arrivi ci sono interi lembi di terra che rischiano negli anni uno scenario ancor più drammatico di questo. E se la contrazione dei nuovi nati è un fenomeno generalizzato, il saldo migratorio è invece in positivo per numerose regioni, soprattutto per quelle del Nord.
I dati
In sostanza: non è soltanto questione di una propensione minore ad avere figli e quindi a mettere al mondo altre vite. È che da qui si scappa, si va altrove a cercare fortuna. E di solito vanno via i giovani, che siano braccia per agricolture altrui o cervelli per aziende da far fiorire altrove. Capita sempre più spesso. Tanto che ci si avvicina quasi al tasso di anzianità di alcune grandi regioni del Nord. Già quest’anno, ad esempio, la Puglia ha gli stessi over 65 (il 24%) della Lombardia. Tanto per farsi un’idea: su 100 residenti, 11 hanno meno di 14 anni e 24 ne hanno più di 65. La popolazione è sempre più anziana ma qui non è solo una questione di nascite.
Tanto che in sostanza la variazione sui nuovi nati, rispetto al 2021, è minima. Sono venuti alla luce 26.300 bambini in Puglia, di cui 8.600 soltanto a Bari. E a fronte di alcuni cali drammatici (-3,3% rispetto all’anno precedente a Taranto, ad esempio), c’è anche chi ha visto più neonati nel 2022 che nel 2021. È il caso di Brindisi, che ha fatto registrare un 3,6% di incremento. Gli indicatori demografici dell’Istat si possono leggere in due modi: da una parte c’è l’allarme sociale legato alla denatalità, dall’altro c’è l’urgenza dei divari da risolvere tra Sud e Nord. Vale a dire: ci sono territori che ancora oggi riescono ad avere un incremento di residenti, nel saldo finale. E ce ne sono alcuni, come la Puglia, che invece vanno sempre e comunque a perdere.
Dopo la pandemia, migliora la speranza di vita alla nascita: per gli uomini l’aspettativa in Puglia è di 80,3 anni, per le donne è di 84,6. L’incremento c’è stato ed è di circa cinque mesi, sia per i maschi che per le femmine. Ma non basta a ristabilire anche qui un gap pesante con il Nord. Le regioni con l’aspettativa di vita minore sono – tanto per cambiare – Campania, Molise, Sicilia e Calabria. E la Puglia è al di sotto della media nazionale. Per fare un esempio: in media una donna in Puglia vive per 84 anni, in Trentino per 86. E lo stesso scarto c’è anche tra le persone di sesso maschile. L’incremento, di fatto, semplicemente maschera un problema ancor più urgente di quanto si potrebbe pensare.
In sintesi: nascono sempre meno bambini. E spesso i nati sono la metà rispetto alle persone che muoiono. L’aspettativa di vita, da Roma in giù, è più bassa. E i divari, nel post-pandemia, piuttosto che attenuarsi, si allargano. Tanto che la tendenza all’emigrazione sembra quella degli anni ‘50 e delle valige di cartone. E siamo sempre di meno.
fonte quotidiano puglia
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