L’acqua delle sorgenti di Cassano Irpino è come oro, non solo perché è già potabile ma perché arriva in Puglia per caduta. Dunque non ha bisogno di tr
L’acqua delle sorgenti di Cassano Irpino è come oro, non solo perché è già potabile ma perché arriva in Puglia per caduta. Dunque non ha bisogno di trattamento chimico (che costa) né di sollevamento (che costa). È così dal 1950, quando gli impianti costruiti dalla Cassa per il Mezzogiorno sull’Appennino hanno cominciato a servire i cittadini pugliesi (e in misura minore i lucani), mentre da allora i campani fanno i conti con reti di distribuzione colabrodo e una gestione molto, molto discutibile. E questo spiega il blitz della Regione Campania, che prima con una delibera e poi con una legge si è appropriata degli impianti di Cassano Irpino: visti i problemi a far quadrare il bilancio idrico, vuole usare l’acqua delle sorgenti Pollentina e Peschiera per la distribuzione a tutti i Comuni di Avellino e Benevento.
La questione è già davanti al Tribunale delle acque, dove Regione e Acquedotto Pugliese hanno impugnato la delibera campana di agosto. E nei prossimi giorni la giunta darà mandato di impugnare anche la norma inserita a dicembre nella legge di bilancio campana per ribadire lo stesso concetto. Il blitz del governatore De Luca per dichiarare di interesse regionale il sistema delle sorgenti è considerato ardito per una serie di motivi (gli impianti per legge hanno rilievo interregionale, e la programmazione delle risorse spetta al Distretto idrografico dell’Appennino meridionale), e per certi versi sembra un atto di bullismo (gli impianti sono di proprietà di Aqp: per ridurre i flussi unilateralmente De Luca dovrebbe entrare di notte tagliando i lucchetti), ma l’atto in sé ha un forte valore politico perché segnala l’insofferenza verso quella condivisione delle risorse naturali che è principio costituzionale. Dice molto sul punto il silenzio di Emiliano, che sta attentissimo a non dire nulla per non litigare (anche) con De Luca.
L’accordo di programma firmato a ottobre dalle due Regioni prevede già la progressiva diminuzione del prelievo da Cassano Irpino, da cui la Puglia è autorizzata a prelevare fino a 3.600 litri al secondo (ne utilizza 750, ma in alcuni momenti si sale fino a 1.500). La rete Aqp è uno dei sistemi di distribuzione idrica più complessi al mondo ed è quasi interamente interconnessa. Il Canale principale porta l’acqua dell’Appennino nelle province di Bari e Bat, ma può spingerla anche verso il Salento (normalmente alimentato dalle dighe lucane). È quello che a volte accade di estate: se il livello degli invasi lucani scende (o se il fabbisogno sale), si sopperisce aumentando i prelievi da Cassano Irpino. Il concetto è illustrato, in termini giuridici, dal ricorso della Regione (avvocato Carmela Capobianco): dal colpo di mano della Campania può derivare un «pericolo effettivo» di «influenze sul funzionamento idraulico della sorgente di Cassano Irpino, con conseguente compromissione dello schema idrico Sele-Calore, il cui esercizio è già precario a causa della scarsità della risorsa idrica». Senza Cassano Irpino, insomma, la Puglia, insomma, rischia di rimanere a secco.
Oggi l’assessore ai Lavori pubblici, Raffaele Piemontese, riferirà in commissione sulla situazione dei rapporti con la Campania. Da Aqp preferiscono non commentare, pur facendo notare che «esiste un accordo di programma tra le due Regioni, ed a quello ci atterremo». La Puglia ha già accettato di rinunciare progressivamente a una parte dell’acqua di Cassano Irpino, scendendo (dopo il 2026, quando scadrà la concessione) a 350 litri al secondo perché nel frattempo aumenteranno i prelievi dall’invaso di Conza. Ma questo non significa che, in caso di necessità, i prelievi non possano risalire (è quello che accade oggi): la derivazione verso gli acquedotti locali invece lo impedirebbe, perché il flusso disponibile non basterebbe più.
COMMENTI