Maremoti sul Gargano e in Puglia. L’allarme degli geologi: “Molto brevi i tempi d’arrivo delle onde

Subito dopo il terremoto avvenuto alle ore 02:17 italiane del 6 febbraio 2023 di magnitudo Mw 7.9 registrato nella parte sud-orientale della Turchia,

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Subito dopo il terremoto avvenuto alle ore 02:17 italiane del 6 febbraio 2023 di magnitudo Mw 7.9 registrato nella parte sud-orientale della Turchia, il Centro allerta tsunami (Cat) dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha inviato al Dipartimento di protezione civile (Dpc) un messaggio di allerta tsunami per tutte le coste del Mediterraneo. Il messaggio è stato poi diramato immediatamente dal Dpc a tutte le componenti del Sistema nazionale di protezione civile.

Ci si è posti quindi il problema se la nostra regione possa essere interessata da questi fenomeni. La presidente dell’Ordine dei geologi della Puglia Giovanna Amedei, a bocce ferme, fa quindi il punto della situazione sulla storia sismica regionale che evidenzia che la Puglia sia stata già interessata da sei maremoti e nello specifico.

Nell’ordine: il 5 dicembre 1456, evento multiplo con più aree epicentrali dislocate lungo la catena appenninica che interessarono la Puglia meridionale (Lecce e Brindisi), Abruzzo, Molise, Basilicata e Campania.

Il 30 luglio 1627, evento verificatosi nella zona del Gargano con onde che raggiunsero i 5 metri di altezza.

Il 5 aprile 1667, maremoto sulle coste brindisine a seguito di un forte terremoto sul litorale della Dalmazia.

Il 20 marzo 1730, maremoto che colpisce Siponto e Barletta a seguito di un forte terremoto vicino Foggia.

Il 20 febbraio 1743, maremoto con effetti registrati a Brindisi e Otranto;

L’8 dicembre 1889, tsunami a Mattinata.

Quello che accade in Puglia nasce dal fatto che, anche se la regione ha una sismicità medio-bassa, dal punto di vista geologico-geofisico è contornata da zone attive dal punto di vista tettonico come il Gargano e l’arco Calabro, le zone costiere del mar Adriatico che comprendono Croazia, Montenegro e Albania ad est, l’arco ellenico occidentale e l’area dell’isola di Cefalonia a sud-est. Anche la morfologia e la geolitologia dei fondali in alcuni tratti della costa pugliese può essere soggetta a movimenti franosi che possono, a loro volta, generare maremoti.

Amedei sottolinea pertanto come, per questi motivi, dal 2017 in Italia sia stato istituito il Sistema di allertamento nazionale per i maremoti (Siam), con la presenza dell’Ingv che opera attraverso il Cat, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e il Dpc.

Il Cat dell’Ingv valuta la possibilità che un terremoto con epicentro in mare o vicino alla costa possa generare un maremoto e sulla base di queste valutazioni, il Dpc diffonde i messaggi di allerta al fine di attivare, nel minor tempo possibile, il Servizio nazionale di protezione civile e informare la popolazione.

I dati mareografici forniti da Ispra consentono, infine, di confermare o meno l’eventuale maremoto. Il Siam fa parte del sistema di allertamento internazionale che è stato costituito sul modello di quelli già attivi negli oceani Pacifico ed Indiano e nel mar dei Caraibi.

Il problema di base, continua Amedei, è che il mare Mediterraneo è poco ampio, quindi in caso di importanti anomalie del livello del mare i tempi di arrivo delle onde sono molto brevi e questo può ridurre la possibilità di allertare la popolazione.Necessario è quindi conoscere bene le norme di comportamento e i Piani di Protezione civile relativi ai maremoti che non solo devono essere predisposti ed aggiornati, come prevede la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 febbraio 2017, ma devono essere divulgati in modo che ognuno sappia come comportarsi.  A questo occorre aggiungere una migliore pianificazione del territorio, con interventi mirati di messa in sicurezza delle aree a rischio e questo soprattutto dove insistono anche altre pericolosità come quelle geomorfologiche.

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