Gli ospedali pugliesi nei primi mesi dell’emergenza Covid, quando i dispositivi di protezione erano introvabili, furono costretti a pagare ogni masche
Gli ospedali pugliesi nei primi mesi dell’emergenza Covid, quando i dispositivi di protezione erano introvabili, furono costretti a pagare ogni mascherina fino a 20 euro, subendo le presunte speculazioni di imprenditori che durante il lockdown arrivarono ad applicare rincari fino al 4.100%. Nel processo su quelle forniture dai costi esorbitanti, nessuno si è costituito parte civile. Nessuno degli enti, quasi tutte le Asl della regione, che sborsarono centinaia di migliaia di euro per acquistare mascherine del valore di pochi centesimi, si è presentato ieri nella prima udienza del processo (a dire il vero non citate come persone offese). Nessuno proverà a chiedere i danni per quelle operazioni commerciali fatte a spese delle casse pubbliche.Superate le questioni preliminari, il dibattimento entrerà nel vivo a partire dal prossimo 20 giugno 2023. Alla sbarra ci sono i cinque imprenditori accusati di aver stipulato con le Asl, durante il lockdown del marzo 2020, contratti per forniture di centinaia di migliaia di mascherine Ffp2 e Ffp3 con rincari dal 41 al 4.100%. Rispondono, a vario titolo, di manovre speculative sul mercato, tentata truffa aggravata e frode in pubbliche forniture. Sono Romario Matteo Fumagalli, legale rappresentante della società Sterimed srl di Milano con sede operativa a Surbo, Massimiliano Aniello De Marco, legale rappresentante della Servizi Ospedalieri spa di Ferrara, Gaetano e Vito Davide Patrizio Canosino, legali rappresentanti rispettivamente delle società 3MC spa e Penta srl di Bari, Elio Rubino, legale rappresentante di Aesse Hospital srl di Bari
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