La battaglia silenziosa per il controllo dell’Adriatico è già leggenda ed è «virale»

La battaglia silenziosa per il controllo del Mar Adriatico è già leggenda. Presto, ne siamo certi, sarà studiata nelle Accademie militari di mezzo mon

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La battaglia silenziosa per il controllo del Mar Adriatico è già leggenda. Presto, ne siamo certi, sarà studiata nelle Accademie militari di mezzo mondo (o forse del mondo intero) ma, intanto, è oggetto di analisi e studi «virali» sul web.

La battaglia silenziosa per il controllo dell’Adriatico è già leggenda ed è «virale»

La massiccia incursione, questa estate, delle navi russe e la risposta messa in atto dalle Marine militari americana e italiana sono state oggetto anche di un mini-documentario del Binkov’s Battlegrounds (letteralmente “I campi di battaglia di Binkov”), che ha già totalizzato quasi un milione di visualizzazioni sul web (su Youtube). Il gruppo di appassionati, pare di origini croate, con cadenza settimanale, abitualmente di mercoledì, rilascia una ricostruzione video sull’argomento del momento.

Il mini-documentario che riguarda il nostro mare si intitola «Navi russe in Adriatico. Perché?» (il titolo originale in inglese è “Russian Navy in the Adriatic sea. Why?”).

«Lo scorso luglio, quattro navi da guerra russe sono entrate in Adriatico. Un’azione di pattugliamento, uno stress-test per verificare modi e tempi della reazione complessiva, così come di ogni singola nave militare dell’Alleanza atlantica», ricostruiscono. Con la portaerei americana USS Truman (e il suo gruppo navale di appoggio) schierata, più o meno all’altezza di Bari, Mosca ha inviato: la «Ammiraglio Tributs» che ha superato la Puglia piazzandosi nel centro dell’Adriatico all’altezza dell’Abruzzo; la «Vasiliy Nikitich Tatishchev» che ha occupato l’area prospiciente lo sperone del Gargano; la «Varyag» che ha varcato il Canale d’Otranto e s’è schierata poco oltre l’imbocco mentre la «Ammiraglio Grigorovich» s’è piazzata sotto Leuca.

La prima, «Tributs», è un cacciatorpediniere lanciamissili della classe Udaloj che naviga fin dai tempi dell’Unione sovietica. Sui suoi 163 metri di lunghezza trovano posto 300 militari, elicotteri, cannoni e tutto il necessario per mandare in pezzi un sommergibile (missili e siluri). Anche la seconda, «Tatishchev», è stata varata ai tempi dell’Urss ed è stata prodotta nei cantieri di Danzica ma i suoi 94 metri di lunghezza più che dedicati al confronto bellico in senso stretto, sono destinati a ospitare una sorta di base spionistica d’altura. Classe Vishnaya, monta antenne e rilevatori capaci di intercettazioni in ultra-profondità (in tutti i sensi, anche subacquei) e i 146-220 membri dell’equipaggio, riportano le cronache, sarebbero per lo più specialisti dei servizi segreti russi. Ciò che viene “acchiappato” con le attività di intelligenze elettronica, ovviamente, viene trasmesso via satellite. Globalsecurity.com spiega che, oltre a «intercettare e ascoltare le comunicazioni militari tra navi e aerei», «Tatishchev» è dotata di un «insieme di stazioni radio e radio intelligence, sistemi sonar, e apparecchi per la rimozione dei dati di telemetria e la traiettoria delle osservazioni». La nave è stata il “grande occhio” del Cremlino durante la Guerra nei Balcani.

Viceversa, la «Varyag» (186 metri, 480 membri dell’equipaggio) è al cento per cento una nave da combattimento per la “caccia grossa”. Così come lo era la «Movska» affondata al largo di Odessa, nel Mar Nero, lo scorso aprile, l’incrociatore è soprannominato «killer delle portaerei». A chiudere questa “compagnia dell’anello” di tolkeniana memoria, proprio lì dove si incontrano Jonio e Adriatico, la fregata missilistica con caratteristiche stealth «Grigorovich» (124 metri di lunghezza, 200 membri di equipaggio). È nuovissima, ha preso servizio nel 2016, veloce (30 nodi) ed è un mix tra una nave spia (radar, sonar, sistemi per la guerra elettronica) e una nave da combattimento (non manca di siluri e missili antinave, terra-aria e, soprattutto, da crociera).

In risposta – ricostruisce Binkov’s Battlegrounds – l’Italia ha schierato tre fregate e un sottomarino: la «Bergamini» tra l’Abruzzo e la «Tributs», il sottomarino «Longobardo» tra la «Tatischev» e la «Truman» al largo del Gargano, la «Libeccio» tra la Truman e la «Varyag» all’altezza di Brindisi e la «Marceglia» proprio nel bel mezzo del Canale d’Otranto, tra la «Varyag» e la «Grigorovich».

L’operazione di pedinamento ha sortito i suoi effetti. Le unità russe hanno lasciato l’area senza che vi fossero incidenti.

Gli Stati Uniti, intanto, hanno sostituito la propria portaerei. Ora al largo di Bari c’è la «Bush» (che ieri ha ricevuto la visita dei comandanti di nave «Bergamini» e «Carabiniere»). Un presidio, una scelta strategica quella americana, che è anche un “messaggio”: non c’è alcuna intenzione di cedere il controllo dell’Adriatico.

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