C’era un tempo in cui le storie non si guardavano in tv né sullo schermo di un cellulare, ma le si ascoltavano dai nonni attorno ‘u’vrascir’ (il bra
C’era un tempo in cui le storie non si guardavano in tv né sullo schermo di un cellulare, ma le si ascoltavano dai nonni attorno ‘u’vrascir’ (il braciere). E c’era un momento, quello del periodo dei morti, in cui i racconti erano particolarmente attesi, seppur ai piccoli manfredoniani di una volta nel sentirli scivolavano brividi di paura lungo la schiena.
Grazie a due care amiche, di seguito due storie d’amore, paura e magia…
Presso l’orfanotrofio della chiesa Stella viveva una bimba di nome Ninella. La piccola non aveva mai conosciuto il suo papà e da poco aveva perso anche l’amata mamma. Ninella non trovava pace e piangeva di giorno e di notte, di notte e di giorno. La disperazione era tale che non riusciva nemmeno a mangiare. “Qualcosa bisogna pur fare!”, dicevano preoccupate le signorine dell’orfanotrofio. Un signore impietosito che ogni giorno la osservava passeggiando per il corso, le si avvicinò e le raccontò la storia della candela dei morti: “Ninella, se vuoi rivedere la tua mamma, ogni giorno devi prendere un po’ di cera (cerume) dalle tue orecchie e la devi avvolgere intorno ad un filo di cotone. La notte dei morti avvicinati alla finestra e accendi la candela che avrai preparato. Mi raccomando, però! La tua mamma potrai solo guardarla, ma non toccarla!”. Ninella finalmente sorrise di speranza, riprese a mangiare e ogni giorno, pulendo le proprie orecchie, toglieva delicatamente un po’ di cera e l’avvolgeva intorno ad un filo di cotone. Passò moltissimo tempo e, quando giunse la notte dei morti, si avvicinò alla finestra dell’orfanotrofio, accese la candela e, come per magia, vide la sua adorata mamma. Ninella, però, non seppe resistere: allungò le sue manine per abbracciarla ancora una volta e la candela cadde ai suoi piedi, dando fuoco alla camicina da notte. Ninella fu inghiottita dalle fiamme e di lei non rimase che un cumulo di cenere, tra la disperazione delle compagne. Da allora si racconta che, quando si accende una candela vicino la chiesa Stella, si scorgono le ombre di una mamma e di una figlia che si stringono in un abbraccio pieno d’amore.
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Mattea e Andrea erano fidanzati ormai da dieci anni e stavano finalmente per sposarsi. Il corredo era ormai pronto ed era stato anche esposto; tutto procedeva alla perfezione, quando, forse per l’ansia dei preparativi, Mattea si lasciò andare ad una parola di troppo con la suocera e il matrimonio fu annullato. Mattea, però, non voleva rassegnarsi e chiese ad un’amica che faceva le novene di aiutarla: “’Ngiuline (Angela), per favore, puoi fare una novena per me? Vorrei sapere se Andrea tornerà da me”. La comare quella stessa sera andò nella piazza della Chiesa Grande e iniziò a guardarsi intorno, ma i presagi che le arrivarono furono nefasti. Così il giorno dopo disse all’amica: “Figlia mia, è meglio che Andrea te lo levi dalla testa”. Nel frattempo, la madre di Andrea, per sbarazzarsi definitivamente di Mattea, tese un tranello al figlio e lo chiuse in casa con una ragazza che conosceva da tempo. E così, per riparare allo scandalo, i due ragazzi furono costretti a sposarsi. Mattea pianse per giorni, per mesi, per anni. Il suo dolore era inconsolabile. Era così bella che le proposte non le mancavano, ma non voleva saperne di nessun altro uomo, il suo cuore era solo di Andrea, che nel frattempo aveva anche avuto due bambini. Una notte bell’ e bún (inaspettatamente) vide Andrea ai piedi del suo letto: “Mattea, perdonami. Sono stato un vigliacco, non ho mosso un dito per il nostro amore… Io mò me ne vado ma tu, ti prego, perdonami”. Mattea lo implorò di restare, ma lui volse le spalle e se ne andò. Mattea iniziò a gridare così forte che svegliò ‘tutta la casa’. Il padre e la madre accorsero spaventati e, chiedendo cosa fosse accaduto, Mattea raccontò che Andrea era stato da lei chiedendole perdono. La madre le disse che era il momento di toglierselo dalla testa, altrimenti “andrai a finire al manicomio!”. Il padre, che era pescatore, poiché ormai era sveglio, si vestì per uscire in mare. Passando per via Campanile, all’altezza dell’arco Boccolicchio, vide una gran confusione proprio davanti la casa di Andrea. Si avvicinò per capire cosa fosse accaduto e scoprì che il giovane, durante la notte, aveva avuto un forte attacco di appendicite ed era morto. Mattea lo pianse più della moglie, ma per rispetto rimase in disparte nel suo dolore, e visse per il resto dei suoi giorni nel ricordo dell’ultimo saluto del suo unico e grande amore.
Maria Teresa Valente
(articolo del 31 ottobre 2019)
NB: Ringrazio Eugenia Gargano, per avermi accennato la storia di Ninella che sua nonna la raccontava da bambina, e Teresa La Scala, per avermi fatto sognare col suo bellissimo libro “Manfredonia, storie d’amore e di magia” (che consiglio vivamente di leggere), dove ha racchiuso meravigliosi aneddoti raccolti dagli anziani e da cui ho liberamente tratto una storia che profuma del passato e dei vicoli della nostra città. Nell’immagine: la copertina del libro con un’antica foto che ritrae i nonni di Teresa La Scala.
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