Il record degli ospedali pugliesi: un lavoratore su 3 ha limitazioni

Il sistema sanitario pugliese impiega 43mila persone, di cui 5.300 a tempo determinato. Ma il 27% del totale (il 31%, se si escludono i contratti a te

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Il sistema sanitario pugliese impiega 43mila persone, di cui 5.300 a tempo determinato. Ma il 27% del totale (il 31%, se si escludono i contratti a termine) presenta un qualche tipo di limitazione oppure fruisce dei permessi della legge 104. Negli ospedali, insomma, lavorano 11mila dipendenti che per un motivo o per l’altro sono a metà servizio.

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È un numero enorme: uno studio del Cergas, alcuni anni fa, stimava la media nazionale al 10%. Ma è ancora più incredibile che la percentuale del 31% valga anche per le Sanitaservice, le aziende in-house delle Asl che si occupano di pulizie e ausiliariato, con un picco del 51% in quella del Policlinico di Bari. Il dato è emerso nell’ambito della ricognizione che l’assessorato alla Salute della Regione ha effettuato per valutare le risorse e gli spazi assunzionali disponibili in previsione della stabilizzazione dei precari, ed è legato a doppio filo con ogni possibile ragionamento sull’aumento dei turni e della produttività funzionale allo smaltimento delle liste d’attesa.

«Non immaginavamo – ammette l’assessore alla Sanità, Rocco Palese – che l’incidenza delle limitazioni fosse questa. Ma è stata una grande sorpresa la situazione nelle Sanitaservice, che sono nate da meno di 10 anni e che assumono giovani. Quel 51% è un numero esorbitante». Le limitazioni sono infatti legate alle patologie dei lavoratori, che crescono con l’avanzare dell’età. Il personale sanitario è «vecchio», e dunque certi numeri sono fisiologici anche se – la fonte è sempre la ricerca del Cergas – una limitazione su due è costituita dall’inidoneità alla movimentazione dei carichi (il dipendente non può maneggiare oggetti pesanti): può essere superata dotando i reparti di sollevatori automatici, ma nelle Asl pugliesi è stato fatto soltanto nella Bat. Le altre limitazioni alle mansioni riguardano le posture, lavoro notturno e reperibilità, e meno di frequente il rischio biologico, il contatto con i pazienti o l’impossibilità di operare in specifici reparti o di svolgere azioni particolari

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