Affacciarsi alla soglia dell’autunno senza un contratto di fornitura del gas. Succede a centinaia, a migliaia di aziende: aziende che usano il metano
Affacciarsi alla soglia dell’autunno senza un contratto di fornitura del gas. Succede a centinaia, a migliaia di aziende: aziende che usano il metano per le loro produzioni — due casi fra decine, l’industria della carta e quella della ceramica — ma anche le aziende del gas. Le utility che acquistano il metano all’ingrosso dai grandi importatori e lo ridistribuiscono ai clienti. Alla pari di molti consumatori industriali, anche molte di queste aziende del gas sono strette da forniture rischiatutto.
La data nodale è il 1° ottobre, San Remigio, patrono dei bambini di prima elementare ma non dei consumatori di metano. Il 1° ottobre, per convenzione è il giorno d’inizio dell’anno termico che finirà il 30 settembre, cioè la fornitura energetica annuale: con i primi freddi si riempiono di gasolio i serbatoi delle caldaie, si rinnovano le clausole per il gas, si avviano i contratti elettrici.Il 1° ottobre tantissime aziende si sono affacciate alla stagione fredda senza la certezza di avere l’energia. Diversi grandi fornitori energetici dal nome che traspira nobiltà aziendale hanno limitato i contratti ai pochissimi clienti più affezionati, ai soli stabilimenti di taglia maggiore, ai rari consumatori industriali con le più solide garanzie di pagamento. E gli altri, spiacenti ma non abbiamo disponibilità di metano da vendervi.
Poca flessibilità
Fa notare Massimo Nicolazzi, tra i più attenti osservatori del mercato del gas, che molte imprese di consumo ma anche molte piccole aziende del gas non sanno se riusciranno a pagare il metano acquistato e soprattutto a pagare le garanzie di copertura.«Inoltre molti contratti hanno perso la flessibilità di un tempo. Insomma — aggiunge Nicolazzi — il nostro retailer deve contrattare già adesso, per tutto l’anno a venire, i volumi che gli necessiteranno giorno per giorno; i venditori più generosi gli consentono uno scostamento nell’ordine del 3%. E se l’azienda sbaglia per difetto o per eccesso, dovrà vedersela da solo sul mercato del bilanciamento».
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