Sos mozzarelle e burrate in Puglia: guerra e caro energia fanno chiudere una stalla su 10.

Nella Puglia patria di mozzarelle e burrate, caciocavallo, canestrato e pecorino, la crisi della guerra in Ucraina ed il caro energia pesano molto sul

Accoglienza richiedenti asilo, 50 ospiti all’ex Hotel dei Mandorli
Addio a Raffaele Gramazio, ‘memoria storica’ del Comune
Stato emergenza Covid Italia 2022, ipotesi proroga più vicina

Nella Puglia patria di mozzarelle e burrate, caciocavallo, canestrato e pecorino, la crisi della guerra in Ucraina ed il caro energia pesano molto sul settore lattiero-caseario, tanto che i giovani allevatori e produttori lanciano da Laterza un “Sos formaggi”. In tre anni – lo dicono con i dati alla mano da giugno 2019 a giugno 2022 – sono state chiuse in Puglia 266 stalle, sessanta di queste nel Tarantino. Oggi, quasi una stalla su dieci, l’otto per cento circa del totale, “è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico regionale”.

Sos mozzarelle e burrate in Puglia: guerra e caro energia fanno chiudere una stalla su 10. "A rischio un patrimonio economico, sociale e ambientale"

È un pericolo, dunque, non solo per il lavoro e lo sviluppo, ma anche per l’impoverimento del paesaggio e della varietà delle produzioni territoriali. A sollevare la questione sono stati i giovani di Coldiretti che, in un incontro, hanno fatto il punto sul rischio crac degli allevamenti, “stretti nella morsa delle speculazioni, dei costi di produzione schizzati alle stelle”, con la chiusura delle decine di stalle e “la perdita del 10% del patrimonio zootecnico”. I costi di produzione per latte e formaggi sono notevolmente aumentati, di pari passo con quelli dell’energia e delle materie prime. Come per i prodotti da forno, l’olio e il vino, la crisi va a colpire un comparto che caratterizza l’identità pugliese: una grande fetta di economia, in cui agricoltura, allevamento e produzioni artigianali continuano a dare occupazione e ad abbinarsi anche ad altri settori, come il turismo e la ristorazione a marchio Puglia.

“L’emergenza economica mette a rischio la stabilità della rete zootecnica – hanno spiegato i rappresentanti di Coldiretti Giovani Impresa di Taranto -, che è importante non solo per l’economia regionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”. Un’emergenza che è stata ribadita dal direttore di Coldiretti Puglia Pietro Piccioni.

Da difendere, “c’è un sistema regionale composto da 2mila stalle da latte sopravvissute, che garantiscono una produzione di 108mila tonnellate di latte, che esprime un valore di oltre 130 milioni di euro e oltre 40mila tonnellate di formaggi, che alimenta una catena produttiva lattiero-casearia regionale ed impiega oltre seimila persone, fra occupati diretti e indotto, con una ricaduta positiva in termini di reddito e coesione sociale”. In campo ambientale, l’allevamento all’aperto svolge un’attività di “manutenzione” del territorio, “con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali”.

Infine, in pericolo c’è un patrimonio di formaggi pugliesi unico al mondo che dà valore all’agroalimentare Made in Italy, tra cui “quattro formaggi Dop, la burrata di Andria Igp e 17 specialità riconosciute tradizionali dal Mipaaf, con le specialità come il canestrato leccese, il caciocavallo podolico dauno, il caciocavallo della Murgia” o il pallone di Gravina. “L’aumento del costo dei mangimi collegato al rialzo delle quotazioni delle principali materie prime quali soia, mais e cereali anche a causa dell’attuale crisi Ucraina ha prodotto – spiega Coldiretti Puglia – un aumento dei costi per le produzioni del latte e delle carni, al quale si sono aggiunti i rincari sull’energia, con l’agroalimentare che in Puglia assorbe dal campo alla tavola oltre il 10,3% dei 5,578 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno dei consumi totali. Il risultato è un crollo del valore aggiunto che in alcuni settori sfiora i 100mila euro ad azienda e che mette un allevamento su dieci a serio rischio di chiusura”, secondo un’analisi Coldiretti su dati Crea.

Se non si arresterà, si tratterebbe di “una strage, che apre le porte all’arrivo del cibo sintetico, dalla carne al pesce fino ai formaggi, dietro il quale si nascondono i colossali interessi commerciali e speculativi che rappresentano una minaccia letale per l’agricoltura italiana, la salute dei consumatori e la biodiversità del Pianeta”.

COMMENTI

WORDPRESS: 0