Puglia, manifatturiero in ginocchio

Salviamo la manifattura pugliese»: l’appello accorato arriva da chi lavora nel manifatturiero all’indomani dei dati preoccupanti emersi dal nuovo stud

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Salviamo la manifattura pugliese»: l’appello accorato arriva da chi lavora nel manifatturiero all’indomani dei dati preoccupanti emersi dal nuovo studio condotto dall’Osservatorio economico Aforisma che fotografano un settore in agonia a causa di una grave sofferenza economica e sociale per i costi oramai insostenibili di una crisi energetica che va oltre i confini europei.

Già a causa del Covid, il settore aveva subito un forte impatto negativo in termini sia di domanda, per la riduzione dei consumi, sia di offerta, per la chiusura temporanea delle attività produttive. Attualmente il settore è ulteriormente penalizzato soprattutto da un fenomeno ormai drammaticamente noto: la scarsità delle materie prime e l’aumento incontrollato dei loro prezzi.

Puglia, manifatturiero in ginocchio

Da mesi quest’ultime risultano quasi introvabili e registrano abnormi incrementi di prezzo, con un impatto preoccupante sui settori manifatturieri di autoveicoli, metallurgia, prodotti in metallo, apparecchiature elettriche, legno, gomma e materie plastiche, mobili, ecc. Proprio quando riparte la domanda, le fabbriche si fermano, a causa della difficoltà a reperire materie prime e al loro costo elevato. I rincari di petrolio, gas, carbone e delle altre materie prime, infatti, stanno facendo crescere a tal punto i costi per le aziende che è a rischio la loro stessa sopravvivenza. E così molti imprenditori pugliesi (e non solo) si trovano davanti a un bivio: proseguire l’attività, indebitandosi, oppure sospenderla, rimanendo in attesa di tempi migliori per ripartire o chiudere definitivamente.

«È troppo grande l’incertezza di non farcela – spiega Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio economico Aforisma – per l’accumulo progressivo dei debiti che crescono mese dopo mese, anche a causa dei costi e di una concorrenza sempre più agguerrita, favorita dalla globalizzazione. Tant’è che, già ancor prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il manifatturiero pugliese arretrava, registrando un’emorragia di imprese industriali ed artigianali tale da temere una vera e propria desertificazione del tessuto economico».

L’economia pugliese, insomma, si sta trasformando con il passare del tempo: sta perdendo la vocazione manifatturiera industriale ed artigianale, dando maggiore spazio al turismo, composto prevalentemente da attività di alloggio e di ristorazione.

Analizzando i dati di «Aforisma», il settore del commercio registra, sì, un saldo negativo di -1.813 attività (da 97.781 a 95.968), ma, in termini percentuali, tale flessione si traduce in un calo dell’1,9%. La contrazione del settore manifatturiero, invece, è del 2,9% (-720 attività in meno, da 24.592 a 23.872).

Ciò che preoccupa è la serie negativa che persiste da troppo tempo. Mentre, tra alti e bassi per i lockdown pandemici, il commercio riesce a riprendersi, il manifatturiero, invece, che è il settore della produzione dei beni e della trasformazione delle materie prime (agricole e non) registra una «variazione tendenziale» (il mese corrente e il mese corrispondente dell’anno precedente) negativa che va avanti da oltre 12 mesi.

«Se il manifatturiero non è sparito ancora – commenta Stasi di “Aforisma” – lo si deve anche agli scambi commerciali con l’estero che restano buoni. Ma è bene precisare che quest’anno l’export è cresciuto soprattutto in termini di valore: dai 4,1 miliardi di euro del primo semestre 2021 ai 5,1 miliardi di euro del primo semestre di quest’anno, non in termini di prodotto tale crescita è molto più contenuta».

Il rilancio dell’economia delle imprese del Mezzogiorno, avvertono gli esperti, percorre essenzialmente due vie: la semplificazione del rapporto con la pubblica amministrazione e la dotazione di capitale alle imprese. I costi energetici sono uno dei fattori chiave nel determinare la competitività del settore manifatturiero. Certo, con gli aumenti di oltre il 500% e i contributi non superiori al 10%, il futuro di molte aziende è già segnato.

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