IL RITORNO di un vasto assortimento di pesce sui banchi di vendita delle pescherie e delle bancarelle disseminate nelle strade cittadine,
IL RITORNO di un vasto assortimento di pesce sui banchi di vendita delle pescherie e delle bancarelle disseminate nelle strade cittadine, ha attestato la ripresa dell’attività di pesca della flottiglia sipontina dopo il fermo biologico obbligatorio. Una vetrina sfavillante e ammiccante di specialità ittiche provenienti dal mare del golfo adriatico dietro al quale si cela e si muove un mondo nel quale coesistono attività lavorative entusiasmanti e problemi dalle mille incognite.
OLTRE duecento barche tra grandi (70), medie (120) e piccole (una trentina), con una capacità produttiva di decine di tonnellate di pesce al mese, gestite da una manciata di commercianti grossisti che dettano legge sull’andamento del mercato e controlla un movimento di denaro impressionante fuori dagli obblighi fiscali. Seicento gli addetti diretti che potrebbero essere di più ma non si trova gente disposta a lavorare tant’è che sono in arrivo pescatori indonesiani. Sono i riferimenti di base di un settore che a dispetto della forte contrazione subita della flotta peschereccia, passata velocemente da oltre cinquecento barche al poco più del paio di centinaia attuale, rimane l’industria storica della città, il settore economico più solido e forte, un sicuro sostegno per la città.
UN SETTORE dai forti chiaroscuri e dalle grandi potenzialità che rimangono ben al di sotto delle loro reali possibilità di sviluppo. Con una organizzazione del settore rimasta quella arcaica fondata su una decina di cooperative che gestiscono le 120 barche medie, mentre i grandi pescherecci sono ognuno una impresa autonoma. Una situazione che probabilmente accontenta tutti ma che rimane fuori dai processi evolutivi del settore.
UN COMPLESSO cosmo sparpagliato facile bersaglio pertanto, come le cronache giudiziarie attestano, di infiltrazioni mafiose. L’ultima notizia, in ordine di tempo, è di qualche giorno addietro, ha interessato due imprese del settore pesca raggiunte da altrettanti decreti di interdizione del prefetto di Foggia «all’esito di una attenta istruttoria con l’ausilio del Gruppo interforze antimafia che ha fatto emergere a carico delle imprese colpite, elementi sintomatici del pericolo concreto di condizionamento delle stesse da parte della criminalità organizzata locale». Un intervento che rivela da un lato la vigilanza delle autorità inquirenti per un settore esposto ad intrusioni malavitose, e dall’altro la fondatezza di tale allerta. Queste interdittive seguono peraltro altre precedenti indirizzate ad attività ittiche. Una è stata riattivata ma sotto il controllo di un commissario prefettizio.
SONO interventi che fanno intravvedere senza peraltro definirlo, quanto sia approfondito, evidenzia la DDA di Bari, «il controllo della criminalità organizzata del comparto imprenditoriale connesso all’itticoltura e al commercio ittico». Ma solo per il comparto pesca? La gente ricorda che nel 2019 ci fu lo scioglimento del Comune di Manfredonia per infiltrazioni mafiose. Se il settore pesca – è il ragionamento della gente che non nasconde preoccupazioni in proposito – è parte strutturale della città, non è da escludere che le infiltrazioni mafiose abbiano toccato altri settori.
E IL MERCATO ITTICO? Quella struttura riattivata dopo quattro anni di chiusura, ha in corso un radicale rinnovamento della sua operatività che se compreso dalla categoria, potrà dare quella svolta necessaria a riportare razionalità e legalità e dunque assicurare un avvenire al settore.
Michele Apollonio
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