Bimba bocciata a 7 anni, Tar Puglia si riserva di decidere sul ricorso della famiglia

Il Tar Puglia si è riservato di decidere sul ricorso presentato da due genitori baresi contro la bocciatura della figlia di 7 anni, non ammessa al

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Il Tar Puglia si è riservato di decidere sul ricorso presentato da due genitori baresi contro la bocciatura della figlia di 7 anni, non ammessa alla terza elementare. Oggi dinanzi ai giudici amministrativi gli avvocati Giacomo e Roberta Valla, che assistono la famiglia, hanno insistito per un provvedimento cautelare di sospensione della bocciatura, così da consentire alla bambina di continuare il ciclo di studi nella stessa classe. La decisione è attesa nei prossimi giorni.

Nel ricorso i legali evidenziano che «la bambina ha dovuto affrontare il primo cruciale anno di scuola durante la pandemia, senza il contatto diretto con l’ambiente scolastico e con i propri maestri» ma solo «mediante didattica a distanza, filtrato da uno schermo e inficiato irrimediabilmente da un isolamento forzato». Poi in seconda elementare, a causa di «rilevanti problemi di salute», una patologia allergica e il Covid, l’alunna ha fatto varie assenze ma «la frequenza scolastica – sottolineano gli avvocati – non rileva ai fini della validità dell’anno scolastico nella scuola primaria di primo grado. La non ammissione non può risolversi in uno strumento punitivo, volto a sanzionare la scarsa frequenza scolastica». Inoltre «la scuola – prosegue il ricorso – non solo non ha adottato alcuna misura per migliorare il rendimento della alunna durante l’anno», per esempio con «un piano didattico personalizzato», ma “a causa del proprio comportamento opaco e negligente, nemmeno ha consentito ai genitori di mettere al riparo la bambina da una possibile bocciatura mediante un’informazione chiara e tempestiva».

Nel chiedere che il provvedimento venga per il momento sospeso e poi, nel merito, annullato, gli avvocati della famiglia ritengono «evidente che la perdita di un anno scolastico in così tenera età e in difetto di gravi e giustificate ragioni, valutate alla luce dell’esclusivo interesse della minore, costituisce un grave danno. Una esperienza tanto traumatica danneggerebbe in maniera insanabile l’autostima della minore e incrinerebbe irrimediabilmente il rapporto di fiducia nei confronti dell’Istituzione scolastica».

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