Strage di via d’Amelio 30 anni dopo: l’eredità di Paolo Borsellino

Sono passati trent'anni dalla strage di via D'Amelio, quella in cui Paolo Borsellino venne ucciso dalla mafia. Il 19 luglio 1992 è una di quelle dat

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Sono passati trent’anni dalla strage di via D’Amelio, quella in cui Paolo Borsellino venne ucciso dalla mafia. Il 19 luglio 1992 è una di quelle date indelebili della Storia d’Italia che, insieme alla strage di Capaci avvenuta il 23 maggio dello stesso anno, segna un altro passo di terrore in tempi duri. Morte e distruzione dopo anni di omicidi, bombe e incidenti difficili da sbrogliare. Così come, ancora oggi, non si è riuscito a scoprire tutto dell’attentato a Borsellino. Chi ha azionato la bomba, per esempio, o che fine ha fatto l’agenda rossa che il giudice si portava sempre appresso.

Esattamente 57 giorni dopo la strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie, il magistrato Francesca Morvillo, e i tre agenti di scorta, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo, il 19 luglio 1992 in via D’Amelio a Palermo, alle ore 16.58, proprio quando Borsellino, appena sceso dall’auto, si apprestava ad andare a trovare la madre, venne azionata a distanza la miccia di una Fiat 126 carica di esplosivo. Insieme al giudice morirono i cinque agenti della scorta, Emanuela LoiAgostino CatalanoVincenzo Li MuliWalter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Il depistaggio e l’unico superstite

Antonino Vullo, il sesto uomo della scorta del giudice, è l’unico superstite della strage di via D’Amelio: “Il 19 luglio per me è tutti i giorni, ma lo deve essere per tutti perché il sacrificio di chi ha lavorato per la nostra terra non deve essere dimenticato”, ha detto ad Agi. In questi trent’anni migliaia di persone si sono recate alle celebrazioni della commemorazione “ma io – racconta Vullo – in via d’Amelio ci vado da solo anche durante l’anno. Ci vado perché ancora il ricordo di quel giorno rimbomba nella mia mente”. Ma per l’agente superstite le celebrazioni per le stragi vengono vissute da molti come “un momento istituzionale, ma non con il cuore”.

Perdipiù pesa come un macigno il depistaggio che c’è stato sulla ricerca dei veri responsabili dell’esplosione. Così come pesa la sentenza pronunciata dal Tribunale di Caltanissetta qualche giorno addietro a carico di tre poliziotti, uno assolto e due raggiunti da prescrizione. “Non possono essere stati loro gli artefici del depistaggio – sottolinea con nettezza Vullo – forse hanno eseguito degli ordini che sono giunti dall’alto”. Vullo qualche anno prima della strage di via D’Amelio era stato al reparto mobile con Michele Ribaudo, l’unico che è stato assolto al processo di primo grado celebrato a Caltanissetta. Preferisce non entrare nel merito della sentenza dei giorni scorsi anche se confessa di essere “stanco e amareggiato” perché dopo trent’anni “c’è tanto di occultato tra le istituzioni ma bisogna arrivare ad una verità storica sulle due stragi”. Il riferimento è anche a quella di Capaci.

Ancora oggi non mi abbandona l’immagine di quando gli agenti mi hanno bloccato la prima volta, mentre cercavo di raggiungere i miei colleghi, e sotto il mio piede ho trovato quello di Claudio Traina che fino a qualche istante prima era seduto in macchina accanto a me. Poi mi bloccarono una seconda volta. Era tutto nero”. Quindi il risveglio in ospedale e “l’inizio di una nuova vita, anche se non è stato semplice”.

L’anniversario della strage di via D’Amelio: le celebrazioni

A Palermo gli eventi per celebrare i 30 anni della strage sono iniziati già sabato 16 luglio. Il 19 luglio si terrà anche un corteo da via Cilea a via D’Amelio. Il fratello del giudice, Salvatore Borsellino, invita a partecipare al presidio di ‘Scorta per la Memoria’ “che faremo sotto l’albero di ulivo che mia madre ha voluto piantare, come simbolo di pace e di speranza, nella buca scavata dall’esplosione”. E in un suo messaggio fa anche sapere che “Per noi è la memoria non si riduce ad un solo giorno all’anno, magari sovrapponendo gli anniversari di stragi diverse per lavarsi la coscienza più in fretta, per la Memoria, la Verità e la Giustizia si lotta 365 giorni all’anno e quest’anno, nel trentennale delle stragi, poiché si scateneranno i megafoni della retorica e si alzeranno anche le voci di chi da tempo ha perso il diritto di parlare, mentre si ripetono da parte del CSM gli stessi errori perpetrati a suo tempo con Giovanni Falcone, abbiamo deciso di celebrare il 19 luglio all’insegna del silenzio. Quest’anno non ci saranno né palchi né dibattiti, la nostra giornata di memoria si intitolerà ‘Il Suono del Silenzio’ e poiché niente deve poter rompere questo silenzio, se non la musica”.

Le dichiarazioni

“Onore a loro e a alle donne e agli uomini che hanno fatto e fanno della lotta per la legalità il fulcro della propria esistenza” nel trentesimo anniversario della strage, ha detto oggi il Questore della Camera e deputato di Fratelli d’Italia, Edmondo Cirielli, riferendosi alle vittime della strage. Cirielli ha poi aggiunto: “Cosa nostra ha ucciso Falcone e Borsellino ma indubbiamente non le loro idee e il grande impegno civile contro la criminalità organizzata. Come magistrati, hanno rivoluzionato la lotta alla mafia. Ne hanno ricostruito storia, struttura gerarchica e regole, consentendo di individuare i malavitosi, di processarli e condannarli con sentenze definitive. Cosa nostra non può dirsi certamente sconfitta ma il sacrificio di Falcone e Borsellino ha indiscutibilmente permesso allo Stato negli anni di ridimensionarla fortemente”.

La Cgil Palermo, per la giornata di domani dei trent’anni dalla strage di via D’Amelio, ricorda il sacrificio di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, con queste parole del segretario Mario Ridulfo e del responsabile Legalità e memoria storica Dino Paternostro: “E’ incredibile che dopo trent’anni la ricerca di verità e di giustizia sulla strage di via D’Amelio debba ancora proseguire e che non ci sia nessun colpevole per uno dei più clamorosi depistaggi della storia d’Italia”.
“Al di là della verità giudiziaria, c’è una verità storica che – aggiungono – dovrà essere approfondita e riletta dopo 30 anni di indagini e piste fasulle, dove si delineano responsabilità morali pesanti, che chiamano in causa anche persone con responsabilità pubbliche, esponenti dello Stato. Tutto questo è insopportabile. Bisogna continuare a cercare non una verità, ma la verità che la gente aspetta. Non si può andare avanti con archiviazione di procedimenti per chiusura di termini e tra ostacoli burocratici che allontanano la consegna della verità”.

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