Una cascata di denaro. Quasi 650 milioni di euro per migliorare l’assistenza sanitaria ai cittadini pugliesi, dopo gli anni della pandemia e il pe
Una cascata di denaro. Quasi 650 milioni di euro per migliorare l’assistenza sanitaria ai cittadini pugliesi, dopo gli anni della pandemia e il peso delle liste d’attesa sempre più proibitive. Una programmazione che doveva essere ambiziosa, ma che sta provocando molti mal di pancia. A cominciare dalla decisione della Regione Puglia di spingere sulla dotazione tecnologica, con investimenti per nuove apparecchiature diagnostiche, considerando come parametro il tasso di obsolescenza di 5 anni. In taluni casi, infatti, il rischio sarà quello di sostituire macchinari ancora performanti o di sovra dotare strutture con attrezzature non necessarie. E poi il sistema delle case di comunità, in aree dove sono stati chiusi gli ospedali proprio dal piano di riordino partorito dal governo di riferimento (Raffaele Fitto tra il 2000 e il 2005) dell’attuale assessore alla Sanità, Rocco Palese. Un vero paradosso. Poi le centrali operative territoriali (COT), “torri di controllo” per i servizi domiciliari. Tutta una marea di infrastrutture e servizi intermedi, dunque, senza quasi alcun riferimento alle risorse umane. Eppure medici, infermieri e assistenti sono la vera emergenza, con i Pronto soccorso e i reparti che rischiano di scoppiare. I nodi dell’emergenza pandemica sono venuti a galla ora. Senza interventi mirati e incisivi si rischia di non poter più garantire i servizi.
Dubbi sulla qualità della spesa
Il Covid è stato lo spartiacque: da una parte si è palesata la fragilità del sistema socio sanitario, dall’altra si è allargata la crisi di medici e assistenti in corsia. Un quadro molto complesso, che a Bari vorrebbero risolvere con la creazione di ospedali di comunità “a gestione prevalentemente infermieristica”. In provincia di Foggia ne sono previsti 9 (San Nicandro Garganico, San Marco in Lamis, Volturino, Vico del Gargano, Panni, Vieste, Torremaggiore, Monte Sant’Angelo e Foggia). La strategia è quella delle “cure di prossimità” (quello che si faceva prima con i Punti di primo intervento: chiusi), con l’ausilio della telemedicina, delle case di comunità (ben 26 in Capitanata) e delle tante strumentazioni per garantire “un miglioramento della diagnostica”. Ma quali diagnosi possono esser fatte senza medici? Un capitolo particolarmente interessante, in questo senso, è quello dedicato all’aggiornamento tecnologico e digitale.
Il punto di riferimento nell’atto regionale è la ricognizione condotta dal Ministero della Salute che ha stimato il fabbisogno complessivo di nuove grandi apparecchiature sanitarie in 273 unità, “da acquistare in sostituzione di tecnologie obsolete o fuori uso da oltre 5 anni”. Negli anni, però, sono stati fatti investimenti milionari, con alcuni sprechi, come nel caso di tac e risonanze stipate per molti anni nei sottoscala delle aziende sanitarie. Allora che si fa? Se ne comprano altre, ben 64 solo a Foggia tra il policlinico “Riuniti” e l’Asl. Per fare qualche esempio, 7 tac (che si aggiungono alla dotazione ultra tecnologica già presente al Deu), 8 sistemi radiodiagnostici e ben 35 ecografi. Entrando nel dettaglio delle schede, colpisce l’investimento di 13 milioni di euro per la “fornitura per la digitalizzazione delle strutture ospedaliere del Dea di II livello”, filone per il quale esisteva già un progetto di circa 3 milioni di euro.
Reparti senza medici e Pronto soccorso al collasso
Lo scenario attuale è insostenibile. I pochi medici sono a rischio burn out e aggressioni. Alcune postazioni 118 non reggono e chiudono. I medici di medicina generale non riescono più a far fronte all’aumento di richieste. Il motivo è sempre lo stesso: i camici bianchi sono pochi, infermieri e operatori socio sanitari sono sovente mal organizzati. A complicare le cose, c’è l’elevato numero di prestazioni inappropriate e i tempi di attesa sempre più lunghi. Al punto che sta aumentando il numero di cittadini che rinunciano alle cure. Qualcuno pensa di poter “garantire i Lea”, i livelli essenziali di assistenza (quasi sempre disattesi), attraverso “modelli predittivi”: stabilire in anticipo quali potranno essere i bisogni di salute dei pazienti. Fanta sanità, se si pensa al fallimento del ‘fascicolo sanitario elettronico”.
L’unico riferimento al personale nella delibera 688 della Regione Puglia è il capitolo dedicato allo “sviluppo delle competenze tecniche, professionali, digitali e manageriali del personale sanitario”. Il Pnrr ha previsto che, per ciascuna annualità del triennio 2021-2023, venga pubblicato un decreto governativo di assegnazione delle risorse economiche alle Regioni per finanziarie 900 borse di studio aggiuntive all’anno per i corsi di formazione specifica di medicina generale (per un totale di 2.700 borse aggiuntive). Per il resto ci sono solo cemento, macchine innovative e virtualità. Il resto sembra non essere una priorità. Forse perché, come recita un vecchio mantra, “le risorse ci sono, sarebbe un peccato non spenderle”.
fonte Immediato
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