Non sembra cedere il fronte degli irriducibili nell'acciaieria. Fino all'ultimo soldato, intorno ad Azovstal si continua a combattere una guerra di
Non sembra cedere il fronte degli irriducibili nell’acciaieria.
Fino all’ultimo soldato, intorno ad Azovstal si continua a combattere una guerra di propaganda.Quando sembrava ormai vicina alla conclusione l’uscita delle truppe ucraine dall’acciaieria di Mariupol, rimasta per dieci settimane un bunker inespugnabile, gli irriducibili del reggimento Azov spezzano il silenzio e tornano a promettere battaglia. “Oggi è l’85esimo giorno di guerra. Io e il mio comando siamo sul territorio dello stabilimento Azovstal. È in corso un’operazione, i cui dettagli non annuncerò”. Così, con in un laconico videomessaggio diffuso dopo quasi 24 ore in cui i media di Mosca lo avevano dato per arreso, sostenendo che avesse abbandonato i tunnel della resistenza per consegnarsi al nemico, il vicecomandante e portavoce del battaglione Sviatoslav ‘Kalina’ Palamar è rispuntato per sfidare la Russia. E con lui, gli altri vertici ancora dentro, come il maggiore Bohdan Krotevych, capo dello staff, che sui social ha avvertito: “La guerra non è finita“, perché “noi siamo più deboli nel potenziale militare, ma la fiducia in sé del nemico è la nostra carta vincente”. Eppure, ad Azovstal non restano che poche centinaia di combattenti. Secondo la Difesa di Mosca, da lunedì sera sono almeno i 1.730 i soldati ucraini che hanno ceduto le armi – 771 in più in 24 ore – e sono stati trasportati nei territori controllati dalla Russia, tra cui 80 feriti.
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