Le Asl pugliesi non sono in grado di rispettare il tetto di spesa in materia di farmaci. I motivi sono i più vari. Ma a fronte di una voce di spes
Le Asl pugliesi non sono in grado di rispettare il tetto di spesa in materia di farmaci. I motivi sono i più vari. Ma a fronte di una voce di spesa che vale ogni anno quasi un miliardo di euro, capita pure che le aziende sanitarie non siano in grado nemmeno di dire quanti sono i medicinali scaduti che devono essere smaltiti. Lo ha rilevato la relazione ispettiva con cui, alcuni giorni fa, la Corte dei conti ha rilevato diverse criticità nei bilanci 2016-2019 della Asl di Foggia.
L’azienda sanitaria dauna – dicono i giudici contabili – ha fatto registrare «un incremento rilevante» delle rimanenze di beni sanitarie, passate dai 10,8 milioni di euro del 2016 ai 16,3 del 2019. Alla richiesta di spiegarne i motivi, il Collegio sindacale ha candidamente dichiarato «di non aver verificato che l’Azienda abbia effettuato un costante monitoraggio dei farmaci scaduti e/o dei prodotti soggetti a scadenza e che per quelli scaduti sia stato eseguito lo scarico degli stessi in attesa dello smaltimento». Dagli ulteriori approfondimenti è emersa la mancata informatizzazione dei magazzini di reparto, ma è anche emerso che a far aumentare del 60% in due anni il valore delle rimanenze di farmaci è stata – secondo la Asl – «una più puntuale e capillare rilevazione delle scorte in particolare nei centri/settori non informatizzati». Ma non esistono dati né sul valore dei farmaci scaduti, né «se tali importi hanno trovato corrispondenza nei relativi formulari di smaltimento» (un controllo incrociato che serve per evitare i furti): ed ecco perché la Corte dei conti ha effettuato un rilievo formale.
Le altre criticità, in bilanci che chiudono in attivo soltanto grazie alle partite straordinarie, riguardano soprattutto il sistema dei controlli e il pagamento dei fornitori. Ma anche gli appalti e in particolare le proroghe. Lo scorso anno infatti l’Autorità anticorruzione ha messo nel mirino il servizio di manutenzione delle apparecchiature biomediche, un contratto quadriennale stipulato nel 2013 con la Tecnologie Sanitarie spa che prevedeva la proroga di un anno. Tuttavia il servizio è stato prorogato fino a marzo del 2021, quando la Asl ha aderito alla gara centralizzata effettuata da InnovaPuglia. L’Anac ha stabilito che le proroghe «risultano effettuate in carenza di una specifica previsione contrattuale a riguardo, nonché in forma retroattiva, ad affidamento già scaduto», e ha bocciato i controlli effettuati sul servizio «ai fini dell’adeguato accertamento della regolare esecuzione rispetto alle condizioni e ai termini previsti nel contratto». L’appaltatore (una delle società coinvolte nell’inchiesta siciliana «Sorella sanità»), insomma, ha potuto fare quello che voleva. È per questo che i giudici contabili hanno ordinato alla Asl di «rimuovere le eventuali residue situazioni concernenti proroghe che non presentano il necessario carattere della eccezionalità e temporaneità». Cioè di fare sempre le gare d’appalto.
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