È divenuto un caso emblematico dell’inerzia politica-amministrativa quanto meno di Manfredonia, la mancanza delle reti idriche e fognarie nell’are
È divenuto un caso emblematico dell’inerzia politica-amministrativa quanto meno di Manfredonia, la mancanza delle reti idriche e fognarie nell’area industriale di Coppa del vento, sorta negli Anni 2000 sulla spinta del “Contratto d’area”, contrassegnate dalle sigle PIP e D46. Una invenzione dell’allora presidente del consiglio Romano Prodi, per soccorrere le aree di crisi economica, come era finita quella di Manfredonia a seguito della dismissione dello stabilimento Enichem. Una iniziativa che apriva orizzonti avveniristici sostenuti da un fiume di denaro statale in massima parte a fondo perduto, che ha attratto decine e decine di aziende provenienti prevalentemente dal nord, che hanno trasferito qui le rispettive attività produttive. Ad inaugurare la nuova industrializzazione del sud arrivò persino Silvio Berlusconi.
Un fitto agglomerato di capannoni costruiti sull’altura “Coppa del vento”, che per una decina di anni ha sorretto il sogno di una economia stabile e avveniristica. Un sogno ad occhi aperti che ben presto rivelò tutta la sua fragilità. Un miraggio. Nonostante i cospicui finanziamenti, non sono state realizzate le infrastrutture fondamentali tra cui le reti dell’acqua e della fogna. La conseguenza è stata l’abbandono delle imprese. La fiorente area industriale finita in una desolazione spettrale. Un potenziale economico enorme disarticolato anche per il mancato allaccio di acqua e fogna e con i soldi in cassa. Una assurdità. Dopo oltre vent’anni e tanti illusori interventi le zone industriali PIP e D46 la situazione è sempre quella.
A riprendere la questione, la consigliera comunale di “Manfredonia Nuova”, Giulia Fresca, con una interrogazione rivolta all’amministrazione Rotice con la quale, nel ricordare che sono disponibili un milione e 400mila euro dai fondi del Contratto d’area, chiedeva quali decisioni sono state assunte in merito alla «soluzione dell’annoso problema che comporta ingenti danni e perdite economiche».
Entrando nei dettagli, l’assessore Angelo Salvemini, in una lettera faceva sapere di una serie di incontri e sopralluoghi con i tecnici dell’AQP nei quali sono state definite le azioni necessarie per risolvere il problema, e cioè: «nuova tubazione per collegamento tra punto di presa del contatore e la rete idrica; atto di servitù con l’AQP per la realizzazione della tubazione; la realizzazione con i fondi del Contratto d’area di un impianto di sollevamento con vasche di accumulo; manutenzione straordinaria delle reti interne esistenti; gestione degli allacciamenti e manutenzione delle reti non effettuata da AQP bensì dal comune attraverso l’affidamento a ditta specializzata nel settore». Una serie di opere impegnative.
«Una risposta assolutamente insufficiente, tecnicamente e finanziariamente inconsistente» ha vagliato la consigliera Fresca «in quanto mancante dei dati richiesti ovvero la decisione tecnica assunta anche in tema di depurazione consortile ma, ancor di più in risposta alla richiesta di un cronoprogramma che dettasse i tempi degli interventi e fornisse un margine di serenità ai cittadini interessati, alla luce del nulla di fatto, anche in merito a quanto sottoscritto dallo stesso assessore, tutto lascia presagire che le soluzioni paventate siano riamaste imbrigliate nel programma elettorale e non in azioni concrete tutte di là da venire. Una situazione di incertezza che minaccia di far sloggiare le poche aziende rimaste ma soprattutto che dissuade nuovi investitori che pur ci sarebbero».
Michele Apollonio
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