Causa Covid addio a 322 bar: è crisi in Puglia

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Causa Covid addio a 322 bar: è crisi in Puglia e Basilicata

Una caporetto. Per i bar questi due anni di pandemia, di altalena di lockdown, zone rosse, arancioni e gialle, sommati allo smart-working, le lezioni online, il cambiamento delle abitudini di consumo, si sono trasformati in una disfatta: quasi 7mila a livello nazionale 296 in Puglia, hanno chiuso. Stando all’elaborazione Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle imprese, dei 169.839 bar esistenti nel nostro Paese a fine 2019, ne sono rimasti 162.964 a fine 2021, vale a dire 6.875 in meno (-4,05%).

In Puglia – stando al Rapporto annuale 2021 dell’Ufficio studi Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi – opera quasi il 6% dei bar d’Italia (8.241, il 5,9%) e in Basilicata l’uno per cento (1.382). Questa tipologia di attività è sempre stata una delle articolazioni forti della rete dei pubblici esercizi – commenta il dossier – ma il problema è anche la sua struttura «fragile». Infatti, a livello Paese il 53,4% di queste imprese è una ditta individuale, cioè peggio attrezzata a far fronte alle procelle finanziarie. In Puglia questa percentuale arriva al 64,5. in Puglia ci sono società di capitali oltre la media nazionale (il 18,2% contro il 17,1%).

La Puglia è  sotto la media per numero di bar gestiti da donne: a fronte di un dato nazionale del 32,2%, la Puglia si attesta al 27,1% . Discorso ribaltato per le imprese giovanili: sono il 12,9% a livello nazionale, mentre in Puglia sono il 16,4% .

La «forbice» maggiore rispetto alla media nazionale riguarda però le imprese gestite da titolari di origine straniera: in media in Italia sono il 10,5% del totale, in Puglia invece sono soltanto il 3,9% .

Entrando nel dettaglio delle chiusure che hanno funestato il territorio apulo-lucano, il dossier Fipe evidenza come in Puglia abbiano chiuso soprattutto le ditte individuali (-201), seguite dalle società di persone (-46).

Il tasso di imprenditorialità, a livello nazionale è pari a -4,5%, in sostanza nel 2021 lo stock di imprese è diminuito di oltre 4 unità ogni 100 imprese attive. Meno severo il dato in Puglia (-3,8%) .

Secondo Unioncamere e InfoCamere, «il quadro rischia di diventare ora più fosco considerando soprattutto l’attuale livello dei prezzi che inevitabilmente inciderà sulla propensione al consumo degli italiani. Tensioni inflattive che il conflitto in Ucraina rischia, se non di inasprire, certo non diminuire, ancora per molti mesi. L’inflazione infatti, che inizia a farsi sentire anche al bar con l’incremento dei prezzi della “tazzina” e di altri prodotti, non è più quel fenomeno “temporaneo” previsto in un primo momento».

«L’ecatombe che ha colpito la rete dei bar – continuano – da sempre uno dei luoghi bandiera del nostro Paese, ha interessato prima di tutto il Lazio, dove questi esercizi pubblici sono diminuiti del 10,09% pari a 1.860 strutture in meno. A seguire la Valle d’Aosta, che segna una variazione percentuale del -9,7% e un calo numerico di 51 bar. Molte altre, però, le regioni che registrano variazioni superiori alla media. Le Marche e il Friuli Venezia Giulia segnano infatti riduzioni dell’ordine del 6%. Toscana, Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige cali superiori al 5%. Il Piemonte si assesta al -4,99%. Sul fronte opposto, la Campania e la Sicilia, dove in questi due anni si è registrato un aumento del numero dei bar compreso tra l’1 e il 2%».

«Il confronto con il 2011 – segnalano Unioncamere e InfoCamere – mostra peraltro che per prendere caffè o cappuccino gli italiani hanno potuto contare su 4.537 bar in più, grazie soprattutto a un incalzante aumento di queste strutture registrato tra il 2011 e il 2016, quando addirittura i bar nel nostro Paese avevano superato le 171mila unità. La regione che oggi conta la maggior diffusione di bar è la Lombardia, con quasi 27mila strutture, che distanzia nettamente il Lazio, con 16.567, e la Campania, con 16.321».

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