Olio, lo spettro dei rincari: «Extravergine penalizzato»

L'Italia torna sul secondo gradino del podio della produzione olivicolo olearia mondiale per la campagna 2021-2022 così come la Puglia, polmone ol

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olio d'oliva

L’Italia torna sul secondo gradino del podio della produzione olivicolo olearia mondiale per la campagna 2021-2022 così come la Puglia, polmone olivicolo del Paese, con un +38% sullo scorso anno, si conferma la regione che produce la metà del prodotto italiano (184.723 tonnellate pari al 53,49%). I dati sono stati confermati dal coratino Tommaso Loiodice, presidente dell’Unione nazionale associazioni produttori olivicoli, intervenuto nei giorni scorsi all’evento «Sol & Agrifood», il salone dell’olio di oliva, nell’ambito del «Vinitaly» di Verona. È stata l’occasione anche per evidenziare una serie di problemi che interessano le oltre 160mila aziende pugliesi che coltivano circa 370mila ettari di oliveti.

«I dati confermano che l’olivicoltura italiana è un comparto strategico per la crescita e il rilancio non solo dell’economia nazionale ma anche della tenuta sociale e ambientale della nazione. Per questo – spiega Tommaso Loiodice – forse è arrivato il momento di pensare ad un evento nazionale che veda l’olio di oliva protagonista assoluto dell’evento e non “figlio di un Dio minore” come ospite del Vinitaly dedicato alle eccellenze vitivinicole».

Un settore, quello olivicolo, che ha la necessità di superare alcune criticità oramai divenute ataviche. «Aumentare le capacità di stoccaggio di olio in Puglia (maggiore produttrice di extra vergine) – aggiunge il presidente di Unapol – eviterebbe di non svendere il prodotto nel periodo della raccolta ma di avere a disposizione, per l’appunto, luoghi dove conservare il prodotto per poterlo collocare sul mercato con opportuna ed oculata gradualità». È auspicabile, inoltre, che le aziende possano avere maggiore capacità di accesso al credito per sostenere i costi delle operazioni colturali annesse all’attività e che la grande distribuzione possa partecipare attivamente al tavolo di filiera perché solo in questo modo forse si comprenderebbe «che l’evo non può più essere utilizzato come commodity ma trattato come un vero e proprio cibo con proprietà nutraceutiche e salutistiche che lo facciano paragonare più a un farmaco che ad altro».

Non mancano le ripercussioni della guerra in Ucraina anche sul comparto olivicolo. «Gli effetti, purtroppo, – conferma Loiodice – li stanno pagando anche gli olivicoltori che si sono visti lievitare i costi del carburante, anche quello agricolo, e come se ciò non bastasse i prezzi dei concimi si sono più che raddoppiati proprio nel momento in cui le operazioni colturali negli oliveti sono quelle della concimazione e delle arature. Per gli olivicoltori pugliesi, poi, il danno si amplifica ulteriormente perché se si vuol tener fede alla direttiva di contrasto alla pandemia vegetale degli olivi, la xylella, occorre effettuare trattamenti fitosanitari di contrasto al vettore “sputacchina” ed ulteriore aratura anche se in maniera diversificata (obbligatoria e consigliata) a seconda delle zone. A questi rincari occorrerà tener conto di quelli che si registreranno nel momento in cui si dovrà procedere alle operazioni di irrigazione, imprescindibili se si vogliono ottenere ancora produzioni degne di tal nome e di qualità. Gli effetti dei rincari dei cos

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