Non siamo ancora usciti dall’emergenza sanitaria, economica e sociale causata dalla pandemia e, dopo gli ultimi tragici avvenimenti bellici, è ver
Non siamo ancora usciti dall’emergenza sanitaria, economica e sociale causata dalla pandemia e, dopo gli ultimi tragici avvenimenti bellici, è veramente difficile immaginare un ritorno alla normalità.
L’emergenza non ha risparmiato nessuno, mettendo in evidenza tutte le criticità del nostro paese, le sue disuguaglianze, le sue fragilità, tra le quali quelle legate al mondo del welfare; infatti, non vi è dubbio che la pandemia da Covid-19 ha colpito e indebolito maggiormente quelle fasce della popolazione già prive di una condizione economica e sociale favorevole.
In questo quadro drammatico, Manfredonia non rappresenta certo un’eccezione, anzi presenta ulteriori criticità.
Infatti, i servizi sociali della nostra città attualmente sono in grande difficoltà: le conseguenze dell’emergenza sanitaria, i due anni di commissariamento, le difficoltà economiche-finanziarie in cui versa il nostro Ente, hanno sicuramente aggravato il sistema di welfare della nostra comunità, già destabilizzato dal pensionamento di assistenti sociali che per anni, grazie anche ad una visione politica, hanno guidato con effetti positivi un ambito di particolare rilevanza.
Una serie di criticità che hanno impedito di comprendere che la nostra città è profondamente cambiata, cambiamento che dovrebbe indurre l’attuale Amministrazione comunale a rivedere e ripensare anche le politiche del welfare, la quale anche in questo ambito si è dimostrata non ancora presente all’appello.
Le difficoltà, oggi, sono ancora più accentuate se pensiamo anche ai servizi fondamentali quali quelli per i minori e disabili, che da alcuni mesi nella nostra città vengono affidati ad operatori economici con affidamenti temporali ridotti e non continuativi con gravi ripercussioni per gli utenti speciali, per i lavoratori e gli operatori stessi.
L’idea che le ferite legate al welfare possano essere risolte rincorrendo risorse provenienti semplicemente da un finanziamento dell’ultimo minuto è sbagliata, perché non è certamente in questo modo che si può curare una ferita che continuerà ad essere ancora aperta quando quel finanziamento terminerà.
Il tema, dunque, non è solo l’assenza di risorse (ci saranno grazie ai vari finanziamenti europei, nazionali e regionali) ma di una nuova visione di città alla cui base deve esserci necessariamente capacità di analisi e di programmazione; capacità che l’Amministrazione purtroppo non ha mostrato allorquando ha deciso di utilizzare ilLaboratorio Urbano Culturale “Peppino Impastato”, per uno scopo sicuramente importante, ma diverso dalla ragione per cui era stato creato, che pone seri dubbi su come l’amministrazione intende perseguire le politiche sociali e giovanili.
Il sistema dei servizi sociali – come ci ricorda il Nuovo Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali- è uno strumento fondamentale di resilienza della nostra comunità proprio per il suo carattere di prossimità alle persone. Infatti, è bene ricordare che “Non è sufficiente la sola collocazione fisica sul territorio, ma é necessario orientare l’attività, a partire dalla programmazione- in direzione volte a favorire la consultazione e la partecipazione attiva dei cittadini e contribuire direttamente ai processi concernenti la definizione delle politiche di sviluppo sul territorio”.
La politica, dunque, deve riconoscere ai servizi sociali un ruolo fondamentale per il cambiamento di una comunità, capace di rispondere alle nuove domande, alle nuove difficoltà.
Ebbene, la stesura del Nuovo Piano Sociale di Zona sarà sicuramente un’occasione importante per ridisegnare la nostra città e riconnettere i diversi attori legati al mondo al welfare.
Tuttavia, questo sarà possibile solo se l’Amministrazione avrà la capacità di rileggere quanto è stato fatto in questi anni, rilevare le criticità, individuare i nuovi bisogni, coinvolgere la comunità per ridisegnare il nuovo piano di interventi sociali, con un sociale che non deve essere vissuto come una spesa, ma come “uno strumento di arricchimento di capitale umano, accrescimento del potenziale e anche della capacità attrattiva di un territorio”.
Domenico La Marca – componente di Molo 21
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