Carburanti, prezzi come razzi e piume: l’indagine dell’Università di Bari

Per spiegare come si muovono i prezzi di generi come la benzina, gli economisti usano la metafora del razzo e della piuma. Quando i prezzi sono sogg

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Per spiegare come si muovono i prezzi di generi come la benzina, gli economisti usano la metafora del razzo e della piuma. Quando i prezzi sono soggetti a forti tensioni, ad esempio per una riduzione della produzione o per la sola previsione di essa, decollano, prendono il volo. Salgono verticalmente alla velocità di un razzo. Quanto le tensioni si allentano e i mercati hanno eccedenze, i prezzi al consumatore però non scelgono con pari velocità ma con la lentezza di una piuma che ondeggia fino a terra. Una differenza che è impossibile non notare e che indispone i consumatori.

In Italia, negli ultimi due mesi, i prezzi dell’energia sono decollati ad una velocità mai vista prima. Oltre a quelli del gas, quelli della benzina e del gasolio sono cresciuti fino al 50% in poche settimane. Molti commentatori hanno puntato il dito sulle famose accise, le imposte fisse che pesano sul prezzo finale del singolo litro di carburante per circa 70 centesimi: un valore tra i più alti in Europa. C’è chi è tornato ad invocare la loro abolizione, dimenticandosi, forse, che ciò è possibile solo a patto di trovare altrove i 25 miliardi circa che questa imposta frutta alle casse dello Stato. Per non parlare del fatto che tutti gli accordi internazionali sul clima invitano a scoraggiare l’uso di combustili fossili e motori endotermici.

Ma la situazione del prezzo del carburante si era fatta ormai insostenibile, anche per i riflessi che il costo dei trasporti ha sul livello dei consumi e sull’inflazione. Così, con il Decreto uscito in Gazzetta Ufficiale nella notte tra lunedì e martedì il governo Draghi ha investito una somma cospicua, circa 900 milioni, per la sola riduzione fino al 21 aprile, dunque per trenta giorni, delle accise sulla benzina. I soldi per questa misura tampone provengono da quanto lo Stato ha guadagnato tra ottobre e febbraio per l’aumento del gettito dell’Iva sui carburanti (il famoso “extragettito”) e da un’apposita tassa del 10% sui maggiori guadagni ottenuti dai fornitori in questo periodo.

Per i prossimi 30 giorni lo Stato rinuncia dunque a 25 centesimi di accise per ogni litro di benzina o gasolio acquistato. Poiché l’Iva grava non solo sul costo industriale dei carburanti ma anche sulle accise che si sommano ad esso, lo sconto finale alla pompa è di 25 centesimi + il 22% di Iva, dunque 30,5 centesimi per litro. In un’autovettura media, risparmieremo circa 15 euro per ogni pieno di carburante.

Dopo un provvedimento così impegnativo (poco meno di un 1 miliardo di euro per un mese) e di facile realizzazione, il prezzo della benzina e del gasolio alle pompe dovrebbe dunque scendere, anzi dovrebbe essere già sceso tra martedì e mercoledì. Se non alla velocità di un razzo in picchiata (un’immagine che in questi giorni non fa piacere richiamare) almeno a quella di un mattone. Ma è veramente così? I fornitori al dettaglio stanno veramente applicando, e per intero, il decreto energia? Per verificare se tale riduzione si è effettivamente realizzata, come Laboratorio di Economia Applicata (LEA) dell’Università di Bari abbiamo monitorato – con Elsa Amaddeo, Mario Intini, Vincenzo Larosa e Maria Grazia Cito – un campione di 120 distributori in Puglia (tra questi 39 sono nei municipi 1 e 2 di Bari e gli altri sono prevalentemente in provincia di Bari e negli aggregati urbani di Lecce, Foggia e della Bat), rilevando i prezzi tra domenica e mercoledì. L’obiettivo era verificare se vi fossero dei movimenti anomali, ad esempio “rialzi” ingiustificati dei prezzi alla pompa in vista della pubblicazione del decreto, e quindi se la diminuzione è stata applicata tempestivamente e per intero. Il campione è certamente ristretto (in Puglia ci sono 1.445 stazioni), ma ci si è voluti affidare a rilevazioni dirette, e non ai prezzi pubblicati dalle varie app disponibili che forniscono dati per indirizzare l’automobilista verso i rivenditori più convenienti.

Dalle rilevazioni emerge che il 5% dei distributori ha alzato il prezzo tra domenica e lunedì, ossia a notizia della riduzione delle accise già pubblicata. Tra domenica e mercoledì invece la grande maggioranza dei distributori del campione ha effettivamente applicato una riduzione di 30-31 centesimi per litro. Alcuni hanno ridotto fino a 46 centesimi.

Per una quota non piccola dei distributori rilevati – il 17,5% – la diminuzione dei prezzi dei carburanti in modalità “servito” non è però stata di 30,5 centesimi, ma inferiore. In media, per queste stazioni che non si sono adeguate, la riduzione è stata di 23 centesimi per la benzina e di 26 centesimi per il diesel. Una differenza rispetto a quanto garantito dal Governo ai cittadini non proprio irrilevante.

Forse questo è stato frutto delle difficoltà di adeguamento dei prezzi, in ogni caso quasi un quinto dei rivenditori hanno intascato la loro parte del finanziamento dello Stato. A Bari il mancato adeguamento è ancora più marcato: quasi il 21% dei distributori non si è adeguato. A Bari, infatti, in media, le stazioni che non si sono adeguate hanno ridotto il prezzo della benzina e del diesel di soli 0,20 centesimi.

C’è poi da rilevare che tra i distributori che non si sono adeguati, le “pompe bianche” – ossia le stazioni di servizio “indipendenti” (che non fanno parte del circuito delle compagnie di distribuzione di carburante più note, come quelle dei ipermercati) – c’è stata una sostanziale adesione al decreto, con solo il 10% che non ha ridotto il prezzo di quanto dovuto.

Questi valori possono forse sembrare trascurabili e l’automobilista, colpito dal trovarsi comunque il prezzo finale diminuito, tende a non farci caso. Ma proiettati a livello nazionale sono dati che devono destare attenzione.

Guardia di finanza e organi di controllo è bene che stiano all’erta.

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