Il caro-energia e quello di frumento e grano duro hanno fatto scattare i rincari anche di pane e pasta. In tensione già da mesi, l’ultima doccia f
Il caro-energia e quello di frumento e grano duro hanno fatto scattare i rincari anche di pane e pasta. In tensione già da mesi, l’ultima doccia fredda sul fronte dei prezzi è arrivata dai nuovi aumenti annunciati all’inizio di quest’anno dalle grandi marche del piatto principe del made in Italy. Con un rincaro “vertiginoso” del grano, che rappresenta, ha spiegato Vincenzo Divella, ad dell’omonimo gruppo, il 60% del costo di produzione della pasta, insieme con il 300% del gas e il 25% del packaging, alla Gdo è stato chiesto un incremento di 12 cent al chilo a 1,52 dopo che l’anno scorso si era passati da 1,10 a 1,40. In totale, un più 38%.
Il caro-spaghetti
A inizio anno, dopo un aumento medio nel 2021 del 10,8% per le paste secche e fresche (dati Ismea), spiega Giorgio Santambrogio, ad del gruppo VéGé e vice presidente di Federdistribuzione, alla Gdo sono arrivate richieste di adeguamenti dei listini del 36% medio, sceso in fase di contrattazione al 25%. Questo però non significa che dagli attuali 1,20 euro al chilo, la pasta debba costare sullo scaffale 1,50 per salire a 2,80-3,20 nel segmento premium da supermercato e fino a 4-5 euro per i prodotti artigianali-gourmet. Perché stanno aumentando le offerte promozionali (quasi il 40% delle vendite), avverte Santambrogio, e la disponibilità della Gdo ad assorbire i rincari perdendo però marginalità. Per questo la filiera dovrebbe sedersi attorno a un tavolo per verificare voce per voce che cosa sta provocando questi aumenti – tra l’altro differenziati molto tra fornitori – e quindi stabilire che quando la bolla speculativa sui mercati si sgonfierà anche i prezzi dovrebbero scendere. Cosa che, invece, non accade mai.
L’effetto grano
Dietro il caro-pasta c’è innanzitutto, sottolinea il presidente di Union-Food Confindustria Riccardo Felicetti “la fiammata dei prezzi del grano duro sui mercati internazionali” con movimenti anche speculativi in seguito al crollo per la siccità del dei raccolti in Canada e Usa, il calo in Ucraina e la riduzione dell’export russo. Ma anche i maxi aumenti dei costi dei noli e di luce e gas che colpiscono industrie energivore come i pastai con “un’impennata dei costi che mette a rischio la sopravvivenza delle aziende”. Nel 2021, avverte Coldiretti, i prezzi internazionali del grano sono cresciuti del 31,3%, la pandemia ha aperto scenari di accaparramenti (il 51% delle riserve da parte della Cina) mentre oggi il grano italiano è sottopagato agli agricoltori e non basta perché se ne produce sempre meno. Un chilo di quello tenero è venduto a circa 32 cent mentre un chilo di pane costa in media 3,20 euro.
Gli aumenti dei fornai
Non sono quindi solo i rincari delle farine (+38%) ad aver fatto lievitare il prezzo del pane del 3,3% (dati Ismea) nel 2021 ma con nuovi incrementi segnalati dal 10 al 15% da Federconsumatori, con un più 33% per il pane in cassetta. E con prezzi molti differenziati dai 4,25 euro al chilo per il pane comune a Milano ai 4,68 di Bologna per scendere ai 2,23 di Firenze. E con punte da 6 a 8 euro al chilo per i prodotti speciali, dall’integrale ai cereali. “Ogni panificio decide se aumentare o meno i prezzi – avverte il pesarese Benvenuto Pagnani, vicepresidente di Assopanificatori-Confesercenti – . Finora noi abbiamo tenuto il prezzo fermo attorno a 4,40 euro al chilo ma gli aumenti dei costi non sono più sostenibili”. Se però il pane dovesse rincarare di 10-20 cent al chilo, con un consumo pro capite sceso a 85 grammi al giorno, in un anno ci sarebbe un aumento di circa 6 euro. E di circa 5 per la pasta, calcola Santambrogio sul consumo medio di 24 chili. Un aggravio, certo, ma inferiore ai quasi 300 euro di rincari a famiglia nel 2022 stimati da Federconsumatori per gli alimentari su un totale (bollette comprese) di 1229.
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