Bronchioliti, genitori allarmati dal virus respiratorio sinciziale che colpisce i bimbi piccoli. “I casi sono molti di più”

Il virus respiratorio sinciziale non è nuovo, né ha subito mutazioni particolari nell'ultimo periodo; così come non è una novità la malattia che ne co

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Il virus respiratorio sinciziale non è nuovo, né ha subito mutazioni particolari nell’ultimo periodo; così come non è una novità la malattia che ne consegue, ovvero la bronchiolite, che è una infezione che colpisce le basse vie respiratorie. Eppure, quest’anno, si registra un insolito aumento dei casi, e anche una netta anticipazione del periodo epidemico.

L’attenzione sul tema è massima. Effetto Ferragnez? No, assicurano i medici, è la diretta conseguenza del debito di immunità e di pura matematica. Anche se – è indubbio – l’attenzione dedicata sulla patologia dalla coppia Ferragni-Fedez, dopo il ricovero in ospedale della secondogenita Vittoria, ha contribuito non poco ad accendere i riflettori sull’argomento.

A fare il punto sulla situazione nel Foggiano è la dottoressa Anita Riganti, neonatologa presso l’ospedale ‘Casa Sollievo della Sofferenza’ di San Giovanni Rotondo.

Parliamo di virus sinciziale nei bambini. Cos’è e come si manifesta?

Parliamo dalla malattia, visto che c’è stato un importante battage mediatico sulla bronchiolite, che è una infezione delle basse vie respiratorie, ovvero della parte più ristretta dei bronchi (i cosiddetti bronchioli). Colpisce prevalentemente i bambini piccoli, soprattutto sotto l’anno di vita, e ha una origine virale nella quasi totalità dei casi. Sono molti i virus a determinarla, ma quello che causa bronchioliti più importanti è il virus respiratorio sinciziale. Non è un virus nuovo, si conosce e circola da tanti anni, e la quasi totalità di noi lo ha incontrato almeno una volta nella vita. Ma non da’ immunità permanente, quindi ci si può infettare più volte. E se l’infezione avviene nelle prime epoche della vita (ad esempio sotto i sei mesi), può determinare la bronchiolite.

In cosa si differenzia dal raffreddore e come si manifesta?

Sostanzialmente per la compromissione dei bronchioli, e può manifestarsi con tosse, febbre e ridotta capacità di alimentarsi. Nella maggior parte dei casi è una malattia che ha decorso benigno e si risolve nel giro di pochi giorni; solo una piccola parte può avere evoluzioni più severe, fino ad una vera e propria insufficienza respiratoria.

In questo caso, qual è la terapia necessaria?

Non esiste una terapia per il virus, ma terapie di supporto. Per le bronchioliti lievi, la diagnosi la fa il pediatra di base. E’ importante alimentare e idratare il bambino, se ha febbre utilizzare farmaci antipiretici e cercare di liberare il nasino dall’ostruzione, con lavaggi e aspirazione delicata dei muchi. Ci sono, inoltre, alcune accortezze importanti da adottare: mantenere l’ambiente familiare non secco (la temperatura degli ambienti in cui staziona il bambino non deve essere superiore ai 21 gradi) ed evitare il fumo passivo: può aggravare il decorso della patologia.

Quanti sono, in media, i casi registrati in Casa Sollievo?

Le bronchioliti più severe sono, generalmente, quelle che colpiscono i bambini piccoli, al di sotto dei due mesi. Per le categorie di bambini a rischio (prematuri, con cardiopatie o affetti da fibrosi cistica) esiste un protocollo che consente di immunizzare loro con anticorpi monoclonali. Quest’anno – e questo ha allarmato molto sia l’utenza che i pediatri – c’è stata una anticipazione ed un aumento dei casi di bronchiolite. Normalmente le bronchioliti da virus sinciziale si osservano nel periodo epidemico che va da dicembre a febbraio/marzo. Quest’anno, invece, abbiamo iniziato a registrare i primi casi già a fine ottobre. E i casi sono molti di più. Negli anni precedenti, nel reparto di Neonatologia, dove afferiscono solo i bambini più gravi, avevamo una media di 20-30 ricoverati per stagione. Quest’anno ne contiamo già quindici in un mese. Ma va detto anche che, nella scorsa stagione, quando girava il Covid, abbiamo avuto 0 ricoveri.

A cosa è dovuto questo aumento?

Va ricondotto al cosiddetto debito di immunità. Nella stagione precedente, con le norme di prevenzione del contagio da Covid-19, anche gli altri virus hanno smesso di circolare. Quindi, ad esempio, le donne in gravidanza hanno avuto un contatto prossimo allo zero col virus sinciziale; e visto che gli anticorpi che la mamma produce passano al bambino alla nascita prima, e con l’allattamento al seno poi, questi anticorpi non sono stati prodotti e abbiamo avuto una più larga base di popolazione suscettibile al virus.

Avete registrato un allarme maggiore da parte delle famiglie o degli stessi pediatri?

I social, ormai lo sappiamo bene, hanno un grosso impatto sulle conoscenze, sui timori e sulle certezze che la gente elabora. Aver puntato i riflettori sulla bronchiolite ha creato un notevole allarme nei genitori.  L’incremento di casi c’è, è un dato di fatto. Ma è una questione meramente matematica. Noi sappiamo che il 4-5% di bronchioliti del primo anno di vita può aver bisogno di ospedalizzazione. Vien da sé che se ho 100 casi mi aspetto 5 ricoveri; se ne ho 1000, i casi gravi – che potrebbero aver bisogno addirittura di ventilazione – saranno 50.

Come viene gestito questo aumento?

Ad ora stiamo gestendo bene tutte le richieste. Ma è importante trasmettere ai genitori tranquillità e le informazioni necessarie per riconoscere i sintomi e agire di conseguenza. Se il bambino mangia, bagna il pannetto ogni 3-4 ore, se nonostante la febbre è tranquillo e attivo non ci sono motivi per preoccuparsi. Sono bambini che possono essere gestiti in casa e che verosimilmente guariranno nel giro di pochi giorni. Se ci sono segnali particolari – respirazione frequente e difficoltosa (il pancino si solleva più di 50 volte al minuto, la fossetta del giugulo si infossa ad ogni respiro o allarga le narici quando inspira) o difficoltà nell’alimentazione – bisogna prestare particolare attenzione. Ci sono poi delle ‘bandierine rosse’ che necessitano l’immediato ricovero tramite 118, come il cambio del colore in alcune parti del corpo (mani e labbra scure), eccessivo pallore, scarsa reazione agli stimoli esterni o cessazione improvvisa del respiro.

Quanto spesso questi sintomi vengono confusi con quelli del Covid?

Devo dire che l’effetto Ferragni ha funzionato bene. La paura dei genitori che si rivolgono a noi non è certo quella del Covid, ma la bronchiolite. Prima di questa apertura mediatica sull’argomento, invece, lo spettro della pandemia faceva da padrone. Le due patologie hanno sintomi comuni, ma oggi esistono tamponi in grado di valutare contemporaneamente sia la presenza del virus sinciziale e che Sars-Cov2. E questo dimezza i tempi diagnosi e di accesso al giusto percorso di cura. Esistono, infatti, le bronchioliti da Covid. Ma sono molto rare e, in tutta la stagione, abbiamo registrato un solo caso.

Quindi quali sono le buone pratiche da adottare per prevenire l’insorgenza della malattia?

La stagione è appena iniziata ed è giusto cautelarsi nei i prossimi mesi. Per questo, se il bambino è piccolo (al di sotto dei 2-3 mesi di vita), è importante evitare di portarlo in luoghi affollati ed evitare il contatto con persone che abbiano anche un banale raffreddore (così il virus sinciziale si manifesta degli adulti). E’ importante lavarsi le mani prima di toccare il bambino o dargli da mangiare, e prestare particolare attenzione all’igiene degli oggetti. Il virus, infatti, dura più ore sulle superfici. Ultimo ma non ultimo, evitare di fumare negli ambienti in cui soggiorna il bambino: il fumo è una delle cause maggiori della progressione negativa della bronchiolite. Per quanto riguarda i lavaggi del nasino, non esistono evidenze scientifiche che dimostrano che tale pratica possa prevenire l’insorgenza della patologia. Ma se notiamo secrezioni i lavaggi con acqua fisiologica e una leggera aspirazione dei muchi può aiutare il respiro del bambino.

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