Il prefetto mattinatese Michele Di Bari ha rassegnato le dimissioni dall'incarico di capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del mini
Il prefetto mattinatese Michele Di Bari ha rassegnato le dimissioni dall’incarico di capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero, nomina deliberata il 30 aprile del 2019 dal Consiglio dei Ministri. Lo ha reso noto il Viminale a seguito dell’inchiesta della Procura di Foggia denominata ‘Terra Rossa’, in cui è indagata la moglie, sottoposta all’obbligo di dimora. In carcere sono finiti due cittadini extracomunitari, tra le persone coinvolte soggetti con precedenti penali. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, le ha accettate.
La moglie di Di Bari è socio amministratore di una delle dieci aziende coinvolte e sottoposte a controllo giudiziario. Di Bari si è detto molto dispiaciuto per la moglie, “che ha sempre assunto comportamenti improntati al rispetto della legalità” sottolinea. “Mia moglie, insieme a me, nutre completa fiducia nella magistratura ed è certa della sua totale estraneità ai fatti contestati”.
Già prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari si è avviato alla carriera prefettizia nel 1990 ed è stato promosso alla qualifica di viceprefetto nel 2001. Nella prefettura di Foggia ha svolto le funzioni di Capo di Gabinetto e di Viceprefetto Vicario. Nel corso della carriera ha ricoperto vari incarichi, fino alla nomina di Prefetto, giunta nel dicembre del 2010 e che lo ha visto prima a Vibo Valentia, poi a Modena e infine appunto, a Reggio Calabria.
Di Bari in questi anni ha lavorato alla ‘Cittadella dell’accoglienza’, il progetto di bonifica e recupero dell’ex pista di Borgo Mezzanone, l’insediamento abusivo tra il capoluogo dauno e Manfredonia, presentato come un sempio di legalità contro caporalato, lavoro nero, sfruttamento e tratta .
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