Se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta, i primi due si misurano tra loro. E’ un’ulteriore garanzia. E al ballottaggio possono votare tutti: quel
Se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta, i primi due si misurano tra loro. E’ un’ulteriore garanzia. E al ballottaggio possono votare tutti: quelli che non l’hanno fatto prima, chi vuole correggere il proprio voto…
A Manfredonia ha votato il 61%. Interventi “sparsi” di esponenti ecclesiali e di candidati hanno sottolineato l’assenteismo, il 39%, 19.000 non votanti… in toni francamente delegittimanti. Nel voto: segni di “estremo scoraggiamento, risentita freddezza”, scarsa chiarezza di idee, rischio di “vittorie stanche”. Il 61% è ampiamente superiore alla media del voto amministrativo del 3 – 4 Ottobre scorso, con, al primo turno, una media nazionale del 54,6, che scende nei centri grossi sotto il 50%. Allora si votava in 2 giorni. Ora in un solo giorno, in una città che registra un’assenza di migliaia di residenti (c’è chi dice intorno ai 3 mila) per lavoro, studio, la pandemia più vicina… E’ un buon risultato. Se si fa il confronto con le amministrative di 6 anni fa si nota che allora i votanti furono il 67%, e i voti validi il 62%, oltre il 5% furono le schede bianche e nulle.
Il popolo ha partecipato, ed ha votato l’offerta politica esistente. C’è stata la frantumazione del voto: la lista più votata ha raggiunto poco più del 10% e diversi raggruppamenti di candidati sindaci non sono risultati omogenei. Ma ci sono molte cose positive nel voto del 7 novembre. Tutti coloro che siederanno nel prossimo consiglio lo faranno per la prima volta. Una compagine totalmente nuova, con l’età media più bassa e pare con titoli di studio più alti. La percentuale femminile (era una sola) sarà consistente. Ma c’è un altro dato importante. Nel Consiglio comunale di 6 anni fa c’erano almeno una decina di eletti che superavano 800 voti (qualcuno anche i mille). Un fatto preoccupante sottolineato più volte su questo blog. Oggi solo tre eletti (stessa lista) superano i 600 voti. Oltre i numeri ci sono esperienze di elaborazione politica positive. Non sono cambiamenti importanti? Non dovrebbero portare a commenti aperti a maggiore fiducia?
Il ballottaggio è aperto e incerto e c’è bisogno di maggiori conoscenze. Nel primo turno abbiamo assistito a vari ripetitivi confronti. Risposte generiche (non poteva essere diversamente), ora invece, con due candidati, il confronto sarebbe necessario e più interessante e su più livelli, anche quello dei rapporti personali. Invece niente. I due candidati parlano di rinascita, ripartenza; c’è un prefisso “ri”, che racchiude almeno due anni di silenzio, attese, speranze. Ci sarebbero molti argomenti, tanti i temi di confronto su orizzonti e prospettive, o concreti (scelte sulla giunta, altri incarichi, comunicazione…) per stanare e per capire se davvero c’è la voglia di rinnovare o ripristinare, rifare o solo riavviare. Ritorno al passato o ritorno al futuro? C’è una coppia di avverbi che ci accompagnano in questo periodo: prima e dopo. Ma a Manfredonia il prima non c’è, si confonde nella nebbia, che però occorre avere il coraggio di diradare. C’è il dopo. Dopo lo scioglimento, dopo il dissesto, dopo la pandemia…
Non ci sono “apparentamenti”. Ed è un bene. Le figure di mediazione sono saltate. I “capi”, però, danno il permesso di andare a votare o chi votare, raccomandano, dicono ai cittadini cosa fare… Invece potrebbero ribadire una cosa ovvia: “Fate quello che pensate sia giusto di fare”.
E’ mia ospite in questi giorni un’amica modenese che studia le forme della comunicazione politica. La parola, dice, sembra non servire più a favorire la mediazione e la costruzione di uno spazio dialogico comune, ma solo a rafforzare, saldare i propri seguaci e sostenitori. Non è solo colpa della politica. “C’è infatti un’altra epidemia che è di questa realtà, dell’Italia, dell’Occidente… ed è il narcisismo, che rischia di distruggere la democrazia”.
A Manfredonia è emerso un fatto positivo in questi giorni, in queste sere. La bellezza della città, le luci, i colori, la felicità della gente… frutto dell’agire autonomo della popolazione. Senza la politica. Ed allora… se la politica assumesse un ruolo di non azione… porsi a servizio, favorire o almeno non ostacolare la cittadinanza a fare…
Paolo Cascavilla
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