LA LUNGA e per tanti versi travagliata galoppata elettorale verso il traguardo del 7 novembre, è finita: la meta è ormai raggiunta. Almeno quella per
LA LUNGA e per tanti versi travagliata galoppata elettorale verso il traguardo del 7 novembre, è finita: la meta è ormai raggiunta. Almeno quella per quanto riguarda la manifestazione di voto, ché per la definizione della nuova compagine amministrativa è probabile che occorrerà una seconda votazione. È infatti opinione corrente che domenica 7 non si riesca a definire chi tra i sei candidati a sindaco, e i 465 candidati a consigliere, avrà l’investitura per salire su Palazzo San Domenico, sede del municipio di Manfredonia. Probabilmente si dovrà ricorrere ai tempi supplementari, a quelle due settimane di riflessione previste prima del voto definitivo fissato per il 21 novembre prossimo. DOPO TANTO baccano di comizi, incrociarsi di messaggi propagandistici, invasioni di manifesti e fac-simile, manifesti ammiccanti, aperitivi e cene, strette di mano, abbracci e tanto altro anche poco appariscente, ecco il silenzio che non vuol dire stop alla macchina propagandistica di ciascun candidato. Anzi in questo giorno e questa notte, avvengono le maggiori magie elettoralistiche: preferenze che nascono e preferenze che spariscono; accordi sanciti e accordi revocati. CIASCUN candidato, quelli alla massima carica amministrativa in testa, ha dato fondo a tutte le risorse possibili pur di arrivare a toccare la mano dell’elettore. È stata una contesa spesso andata oltre le righe con accuse reciproche che hanno scoperto altarini niente affatto gratificanti anche se ammantati di verità. Tra i maggiormente colpiti la candidata sindaca Giulia Fresca che si è rivolta alla competente Magistratura. PUTTOSTO folkloristici i supporti esterni, i big di partito e non solo che, a parte qualche défaillance, si sono precipitati qui a dar man forte ai propri rispettivi protetti. Un fuoco pirotecnico di personalità venute da lontano che hanno pontificato su quello che va e non va a Manfredonia manco fossero veterani sipontini, ma soprattutto quello che Manfredonia diverrà grazie alle promesse del candidato di riferimento. INSOMMA il solito rituale, con le consuete lusinghe, i rituali impegni. Che naturalmente ancora una volta il popolo spera che si avverino e non finiscano nel nulla come quelle di cinque, dieci, quindici e oltre anni fa. Se tutte le belle promesse assicurate negli anni si fossero avverate almeno in parte, Manfredonia non sarebbe nello stato in cui si trova con l’economia ansimante, la popolazione decimata, la disoccupazione straripante, con il “bollino nero” dello scioglimento del consiglio comunale per mafia. Un’ombra che pare incomba all’orizzonte della città stante e a parte talune pendenze giudiziarie-amministrative, alcune dichiarazioni del presidente della Commissione nazionale antimafia. TUTTA UNA SERIE di circostanze e situazioni che ora sono al vaglio dell’elettorato che ha un compito non facile, quello cioè di districarsi nella ragnatela di messaggi abbattutisi sulla loro testa e selezionare quelli giusti, veritieri, che effettivamente possono risultare praticabili. Sempre che i manfredoniani decidano di recarsi nei seggi elettorali ed esprimere il proprio voto. C’è, è inutile nasconderselo, una sostanziale ritrosia a votare: la gente non ci crede più di tanto. E sarebbe un grave errore. Oltre che un diritto, esprimere il proprio voto è un dovere, l’atto supremo che la Democrazia assicura. Privarsene significherebbe rinunciare al proprio ruolo di cittadini, abdicare ad un personale privilegio.
Michele Apollonio
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