È stato un gesto di solidarietà semplice, ma al tempo stesso forte e toccante quello che ha visto alcune donne di Manfredonia coprirsi il capo con u
È stato un gesto di solidarietà semplice, ma al tempo stesso forte e toccante quello che ha visto alcune donne di Manfredonia coprirsi il capo con un foulard colorato per radunarsi silenziosamente sotto la statua ‘La libertà’ dell’artista tedesco Florian Lettl, collocata temporaneamente in piazzale Maestri d’Ascia per la festa di CON ‘Gente di Mare’.
“Noi non siamo nessuno, i nostri nomi sono sconosciuti alle grandi potenze e molte di noi non conoscono neppure la differenza tra il burqa e l’hijab, ma qui, da questo minuscolo punto del mondo vogliamo gridare forte che siamo con e per le donne afgane”, ha spiegato Rosa Frattarolo.
Rosa, volontaria dei mezzi di soccorso dell’APS Quadrifoglio durante la festa, ispirata proprio dal significato dell’opera di Lettl, si è avvicinata alla scultura e ha coinvolto alcune donne presenti, invitandole ad indossare i foulard come gesto solidale per le donne afgane.
“Con la caduta del regime islamico, nel 2001, abbiamo raccontato loro quanto può essere bello il dono della femminilità, perché nascere femmina non può e non deve essere una disgrazia. Abbiamo raccontato loro che, in un matrimonio, l’appartenersi è complicità, mai possesso. Abbiamo svelato loro che anche le bambine avevano diritto di coltivare i propri sogni per il futuro. Qualunque sogno fosse”, spiega Rosa. Poi prosegue: “Dopo 16 anni Laleh Osmani lanciò la prima campagna social #WhereIsMyName che rivendicava il diritto delle donne afgane ad essere chiamate per nome. Si, essere chiamate con il proprio nome; perché non tutti sanno che pronunciare il nome delle donne in pubblico è proibito. Per cui, sui certificati di nascita dei propri figli, sulle cartelle cliniche, sugli inviti alle nozze e persino sui certificati di morte, lo spazio riservato al nome rimane dolorosamente in bianco”.
Forse non sarà una foto a cambiare il mondo, ma questo gesto ha suscitato emozione, perché tanti piccoli punti nel mondo, se si allineassero potrebbero formare una linea, e magari cingere in un abbraccio virtuale le donne afgane: “affinché non ci sia nessuna Karima rinchiusa in casa alla quale venga vietato di studiare; non ci sia nessuna piccola Farah alla quale, a 10 anni, venga proibito di giocare, che venga ceduta in sposa, stuprata e fatta figliare come una bestia; che anche Aalia, alla quale abbiamo nel 2001 abbiamo promesso un futuro di donna libera, possa educare i propri figli ai valori della libertà”, conclude Rosa.
Maria Teresa Valente
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