Meno di 100 secondi per intascare l’assegno di fine mandato dal 2013: 40 consiglieri regionali hanno votato sì

In meno di 100 secondi il Consiglio regionale della Puglia, con un gioco di prestigio, ha ripristinato un istituto abolito nel 2012 quando vennero tag

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In meno di 100 secondi il Consiglio regionale della Puglia, con un gioco di prestigio, ha ripristinato un istituto abolito nel 2012 quando vennero tagliati i costi della politica e i privilegi: l’assegno di fine mandato, cassato otto anni fa insieme ai vitalizi. Quaranta presenti, quaranta votanti, quaranta favorevoli. Non ci ha capito niente nessuno. Hanno infilato le loro indennità sotto la voce “emendamento per articolo aggiuntivo” al disegno di legge n. 142 del 23 giugno 2021 recante il riconoscimento dei debiti fuori bilancio relativi ai contenziosi.

La scena della votazione del 27 luglio scorso, dopo quasi cinque ore di lavori, verso la fine della seduta, è emblematica: l’espressione canonica “se non ci sono interventi” della presidente Loredana Capone appare quasi come una domanda retorica. Nessuno illustra l’emendamento. Appaiono sulla schermata 40 postazioni in verde, 3 gialle (che diventeranno 2). Prima di accorgersi che sono le poltrone vuote, si cerca di capire rapidamente chi manca all’appello (“Il voto del presidente?”, si sente). L’emendamento è stato approvato all’unanimità. Il Consiglio regionale non ha solo reintrodotto l’indennità di liquidazione, ma si è ripreso anche quello che, teoricamente, in otto anni la Puglia aveva provato a risparmiare, perché la norma ha effetto retroattivo dal 2013.

Con la Legge Regionale n. 34 del 30 novembre 2012, la riduzione dei costi della politica orgoglio di Nichi Vendola, l’assegno di fine mandato per i consiglieri regionali era stato abolito a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo.

Adesso, con le nuove disposizioni in materia di trattamento indennitario approvate, “a far dal 1° gennaio 2013 a coloro che hanno ricoperto le cariche di consigliere regionale o di componente della Giunta regionale, spetta l’assegno di fine mandato anche se cessati dalla carica nel corso della legislatura”. L’indennità non spetta solo in caso di annullamento dell’elezione, mentre in caso di morte del beneficiario viene versato agli eredi. L’ammontare dell’indennità di fine mandato è fissato nella misura dell’ultima mensilità dell’indennità di carica lorda percepita dal consigliere cessato dal mandato, moltiplicata per ogni anno di effettivo esercizio del mandato.

L’emendamento era firmato, in modo assolutamente bipartisan, dai capigruppo Filippo Caracciolo (Pd), Gianfranco Lopane (Con Emiliano), Davide Bellomo (Lega), Stefano Lacatena (Forza Italia), Paolo Pagliaro (La Puglia Domani), Ignazio Zullo (Fratelli d’Italia), Paolo Dell’Erba (Misto), Massimiliano Stellato (Popolari con Emiliano) e Grazia Di Bari (M5S). Eppure nel 2012 erano stati proprio i grillini a lanciare la raccolta firme Zero Privilegi Puglia.

La consigliera regionale Antonella Laricchia è stata la prima a gridare allo scandalo. Quel giorno aveva marcato malattia.

Le ha risposto per le rime il consigliere regionale Antonio Tutolo, anche lui assente (“prima assenza di questo mandato”). Ha fatto sapere di aver manifestato già il 30 giugno, con una Pec spedita al segretario generale del Consiglio regionale, la sua volontà di istituire con il suo trattamento di fine mandato delle borse di studio in favore dei ragazzi di famiglie che vivono una condizione di disagio economico. Aveva già rinunciato al compenso mensile extra spettante ai presidenti di commissione (1200 euro) e ai capigruppo.

“Mi risulta che lei la scorsa legislatura rivestiva la carica di capigruppo e non mi pare abbia rinunciato ‘all’extra compenso’. Importo quest’ultimo del valore triplo rispetto a quello del reintrodotto tfr – afferma provocatoriamente l’ex sindaco di Lucera rivolgendosi alla consigliera Laricchia – Alla collega chiedo se rinuncia al reintrodotto Tfm o se ne lamenta ma intasca”. Per completezza di informazione, aggiunge che “tutti i consiglieri regionali d’Italia percepiscono questa indennità”. E in questa affermazione sarebbe racchiusa la filosofia che ha guidato un po’ tutti i consiglieri pugliesi che hanno votato sì.

“Se il Tfm le ispira indignazione – ha scritto ancora nel suo post in risposta a quello della collega – Dovrebbe indignarsi con tutti gli esponenti 5 Stelle che percepiscono quel compenso. Sono diverse centinaia i 5 stelle che in tutta Italia ne beneficiano, non solo i 4 del Consiglio regionale della Puglia”.

Sono più che altro le modalità con cui è stato ripristinato l’istituto del trattamento di fine mandato, per quanto di per sé sia una manovra impopolare, e la retroattività ad alimentare l’indignazione generale. È mancato forse il coraggio di rendere trasparente l’operazione e spiegarla alla collettività e così, agli occhi degli osservatori, l’hanno fatta sporca.

Appare sinceramente mortificata l’assessora al Welfare M5S Rosa Barone: “Potevamo gestire meglio il tutto – ammette – è stata fatta una valutazione probabilmente un po’ frettolosa, anche perché in passato era stato abolito anche grazie al Movimento 5 Stelle. Io ho restituito 70mila euro, e complessivamente, come M5S, più di 600mila euro, e anche in questo caso manterrò la parola data ai cittadini e darò il beneficienza il trattamento di fine mandato, indennità che prendono anche tutti gli altri eletti”.

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