Acqua di pozzo invece di quella potabile e niente pausa pranzo. Così le aziende foggiane sfruttavano i braccianti agricoli

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Un’indagine elaborata durata mesi durante la quale è emersa una attività di caporalato “nuova” rispetto a quelle del passato. Questa l’operazione “Schermo” messa a segno questa mattina da carabinieri e ispettorato del lavoro. Scoperta una società di intermediazione illecita di lavoro di Orta Nova che aveva creato un meccanismo per eludere i controlli e sfruttare la manodopera clandestina. L’operazione ha consentito di arrestare 7 persone tra cui alcuni imprenditori della zona (3 in carcere, 4 ai domiciliari). 5 aziende dal fatturato di circa 2 milioni di euro sono state tolte ai rispettivi proprietari e sottoposte a controllo giudiziario. Sotto sequestro beni mobili e immobili per un valore totale di un milione di euro. Gli arrestati sono tutti della provincia di Foggia, uno residente a Termoli, uno invece senegalese ma dimorante sempre in Capitanata.

La vicenda è partita dalla denuncia di due braccianti agricoli africani nel marzo 2020. Tramite servizi di osservazione e intercettazione telefoniche, si è stretto il cerchio sul caporale che i due africani avevano segnalato ai carabinieri. Poi gli investigatori sono risaliti a tutta la filiera individuando le aziende che si appoggiavano alla società di intermediazione. Era proprio questa società ad occuparsi dell’assunzione dei braccianti, reclutati principalmente nei ghetti di Borgo Mezzanone e Rignano. Assunti ben 150 lavoratori, privi di contributi e senza alcuna garanzia circa le norme di sicurezza sul lavoro. La società non forniva nemmeno i dispositivi di protezione individuale. Questa società prestava la sua opera come un’agenzia interinale per le aziende più grandi, soprattutto nel periodo della raccolta dei pomodori. Gli imprenditori eludevano i costi del lavoro e dei contratti grazie a questa “società schermo”, da qui il nome dell’operazione.“L’attività che abbiamo documentato attraverso servizi di osservazione ha svelato condizioni di sfruttamento dei lavoratori, sottoposti a turni estenuanti e senza cibo – hanno spiegato in videoconferenza stampa i carabinieri –. Invece dell’acqua potabile ai braccianti veniva data l’acqua di pozzo, anche nei periodi più caldi. Non avevano pause pranzo, lavoravano a cottimo e dovevano produrre il più possibile. I datori di lavoro li registravano per poi contestare inadempienze per decurtare la paga, già sotto soglia, intorno ai 4,50 euro all’ora. Sottraevano 50 centesimi ad ogni inadempienza compiuta, tipo se c’era il pomodoro sporco o una cassetta allocata male all’interno del camion”.

 

 

di Francesco Pesante

 

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