Dalle spese per i consumi alimentari a quella sanitaria ma anche telefonini, ristoranti, centri benessere, mutuo o assicurazione: il Mef lancia una co
Dalle spese per i consumi alimentari a quella sanitaria ma anche telefonini, ristoranti, centri benessere, mutuo o assicurazione: il Mef lancia una consultazione pubblica sul redditometro.
Riservata alle associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, il confronto verte sullo schema di decreto per individuare il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva, finalizzato alla determinazione sintetica dei redditi delle persone fisiche relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2016, il cosiddetto redditometro. In base alla norma in questione, con decreto del ministro dell’Economia, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale, sentiti l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, sono individuati gli elementi indicativi di capacità contributiva, mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area geografica di appartenenza.
Sono quattro i cluster delle spese prese in considerazione (consumi, investimenti, risparmio, spese per trasferimenti) da incrociare con una ‘griglia’ di 11 tipi di famiglie di 5 aree geografiche (Centro, Isole, Nord-est, Nord-ovest e Sud). La consultazione si chiuderà il 15 luglio.
Lanciata la consultazione, tra i consumatori non manca chi invita a ‘maneggiare con cura‘. “Attenti al pollo di Trilussa! Non deve bastare uno scostamento del 20% delle medie Istat per far scattare un accertamento. Già in passato, dopo l’intervento del Garante della Privacy, si decise di non far concorrere le medie Istat né alla selezione dei contribuenti né a formare l’oggetto del contraddittorio”, avverte Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori.
“Per fare un esempio pratico. Secondo i dati resi noti mercoledì scorso dall’Istat, in media una famiglia spende 42,54 euro al mese in bevande alcoliche e tabacchi, pari a 510,48 euro all’anno. Peccato che se in una famiglia nessuno fuma e sono astemi le spese siano pari a zero. Per abbigliamento e calzature si spendono 87,98 euro al mese, pari a 1055,76 euro all’anno. Possibile che uno scostamento di appena 211 euro, il 20%, sia sufficiente per insospettire il Fisco? Basta che un componente della famiglia comperi quell’anno un cappotto, ossia decida di fare una tipica spesa una tantum, per falsare la media e superare il tetto” prosegue Dona.
“Quanto alle spese per i medicinali, stabilire il principio che più uno è malato più è ricco sarebbe singolare. Ancor più strano andare a vedere le bollette di luce e gas, visto che spesso le famiglie povere, a parità di fabbisogno, pagano di più, non avendo elettrodomestici in classe energetica A, non avendo rifatto gli infissi e così via. La chiamano povertà energetica” conclude Dona.
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