QUANDO si parla di ambiente – ed oggi è l’argomento sul quale c’è la generale esercitazione – a Manfredonia il discorso rimanda pressoché esclusivamen
QUANDO si parla di ambiente – ed oggi è l’argomento sul quale c’è la generale esercitazione – a Manfredonia il discorso rimanda pressoché esclusivamente dell’ex stabilimento Enichem. Alla bonifica di quel sito impropriamente indicato come “di Manfredonia” ma in realtà di Monte Sant’Angelo dal momento che dei 216 ettari dell’area occupati dallo stabilimento Enichem la maggior parte ricadono nella piana di Macchia, comune di Monte. Del quale sito tuttavia le maggiori preoccupazioni sono dei manfredoniani dal momento che gli effetti negativi provenienti da quell’area ricadono su Manfredonia e i suoi abitanti. La storia di quell’insediamento industriale, inizia nel 1968 con l’arrivo di Anic, trasformata in Chimica Dauna, incorporata nel 2001 da Enichem agricoltura fino alla sua dismissione agli inizi degli anni Novanta, quando è iniziata l’operazione bonifica dell’area con Syndial e dal 2016 da Eni Rewind. Una vicenda tinta di noir e intrighi nella quale si sono andati accavallando momenti esaltanti con altri di trepidazione andatisi accentuando nell’era bonifica.
UNA PAROLA dalle mille sfaccettature ognuna delle quali utilizzata a seconda degli obiettivi da perseguire, brandita e agitata per strumentalizzazioni economiche, politiche, sociali, scientifiche, senza che si sia raggiunto un risultato certo e definitivo. Come attesta l’iniziativa del consigliere regionale Giandiego Gatta che ha proposto, accolta dalla unanimità dei consiglieri regionali, un emendamento al Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, riguardante l’area dell’ex petrolchimico di Manfredonia-Monte Sant’Angelo «da mettere in sicurezza e bonificare». Una iniziativa encomiabile nelle intenzioni, ma giudicata quanto meno pleonastica rispetto ad una realtà che Eni Rewind, la società del gruppo Eni che si occupa di risanamento ambientale di siti petrolchimici dismessi e che da anni porta avanti sul sito di Macchia un programma di interventi approvato dai vari ministeri competenti, per la messa in sicurezza dell’area e di bonifica dei suoli e della falda, sovvenzionati con fior di denaro pubblico dallo Stato.
UN REPORT di Eni Rewind espone i costi della bonifica al 31.12.2019: costi sostenuti 260 milioni di euro; costi da sostenere per il completamento degli interventi di risanamento 15 milioni di euro; costi da sostenere per la gestione del TAF (trattamento acqua di falda) 5 milioni di euro per ogni anno. Non è detto per quanti anni ancora. La Regione Puglia come si inserisce in questo contesto che appare ben definito? Regione – si fa notare – che nulla ha detto benché direttamente chiamata in causa, circa il progetto contestato di costruire nell’area ex Enichem impianti di trattamento rifiuti e sul finanziamento stanziato dalla Regione. Così come nessun cenno viene fatto alla bonifica del sottosuolo delle discariche già messe in sicurezza, Pariti 1 e 2, e Conte di Troia che preoccupano anche di più di Macchia.
MA NON meno inquietudine suscitano i richiami di Gatta al «numero elevatissimo di tumori e malattie ricondotte a quella attività esercitata dalla fine degli anni sessanta in poi», alle «diverse realtà economiche con finalità turistiche; fiorenti attività di itticoltura e maricoltura e stabilimenti balneari: il mancato completamento delle operazioni di bonifica ‒ evidenzia ‒ espone a grave pericolo la popolazione ed i turisti che si riversano sulla costa, ma anche i consumatori delle derrate alimentari». Su quali dati si basano queste affermazioni che non possono non allarmare e che creano danno anche maggiore allo stesso inquinamento? Se la Regione intervento può e deve fare – viene chiesto a gran voce – è quello di fare chiarezza sui tanti aspetti di una problematica che tocca sul vivo la popolazione.
Michele Apollonio
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