Una 'Giornata internazionale del Teatro' che voleva essere una festa, ma che è stata celebrata a sale chiuse per la pandemia da Covid; e che non vuole
Una ‘Giornata internazionale del Teatro’ che voleva essere una festa, ma che è stata celebrata a sale chiuse per la pandemia da Covid; e che non vuole essere però neanche un funerale. Semmai, l’occasione giusta per riflettere sui destini del teatro in Italia, delle sale, delle compagnie, dello spettacolo dal vivo e in streaming, del pubblico. Occasione colta da diversi direttori artistici, registi e attori, intervistati dalla AdnKronos, raccogliendo le loro riflessioni ad alta voce.
“Sono contento per la Giornata del Teatro, che purtroppo ho festeggiato in casa studiando la parte… sperando di poterla festeggiare il prima possibile a sipario alzato”, riferisce l’attore e regista Gabriele Lavia, ribadendo che “queste chiusure delle sale sono tanto lunghe quanto inspiegabili e soprattutto evitabili, visto che i teatri sono fra i luoghi più sicuri, dove si possono rispettare le distanze con grande rigore e prudenza, in piena sicurezza, anche grazie a un pubblico che ‘nasce’ educato e corretto”.
Tiene a sottolineare comunque Lavia: “Io non credo proprio che il teatro possa morire. Si possono mettere di buzzo buono, con le regolette e con le leggine, ma il teatro non muore. Ci hanno provato in tanti e per tante volte, ma non ci sono mai riusciti; e non ci riusciranno neanche stavolta. E soprattutto, non potrà riuscirci il Covid: il teatro è eterno!“.
“Ma cosa c’è da festeggiare? E’ un disastro!”, esclama l’attore Giancarlo Giannini, protagonista in questi giorni su Rai1 nel cast del kolossal ‘Leonardo’. “Viva il teatro, sì… ma il teatro è chiuso, a noi non pensano mai e ci sono tante persone che non lavorano da un anno. Eppure, tenere aperti i teatri sarebbe possibile, facendolo in sicurezza: gli italiani, durante lo scorso lockdown, si sono comportati benissimo, perché noi siamo siamo bravissimi”.
“Faccio teatro da 47 anni, sono un ‘dead man talking’, un ‘morto che parla’ in coerenza con quel numero… e parlo fuori dal coro, in solitudine totale. E dico che il teatro è morto, in Italia, per mancanza di qualità e di finanziamenti adeguati, di livello europeo. E’ la verità, purtroppo, e soprattutto nei momenti di difficoltà occorre essere sinceri, coerenti e lucidi: ne ho piene le tasche e sono stufo di velleitarismi e di autocelebrazioni”. Non usa mezzi termini, come da abitudine, Luca Barbareschi, direttore artistico del Teatro Eliseo di Roma, che rivolge un appello diretto al capo del governo Mario Draghi.
“Smettiamo di fare nomine artistiche che invece sono nomine politiche; e facciamo dello spettacolo e del teatro un dipartimento industriale e competitivo del nostro Paese, con una sua strategia industriale e con il prodotto che deve essere al centro delle operazioni artistiche. Ma oggi ribadisco che il teatro è morto e che non esiste una compagnia nazionale degna di questo nome, i teatri nazionali sono una truffa: vogliamo riconoscerlo? Mi verrebbe da dire che per fortuna è arrivato il Covid, che ci ha dato una mazzata e ora ‘darwinianamente’ vediamo cosa vale la pena di far sopravvivere nei prossimi anni”.
“Io non temo una disaffezione del pubblico dal teatro, dopo questa lunga assenza forzata a causa del Covid: abbiamo uno ‘zoccolo duro’ che resiste e che anzi troverà ancora più voglia e desiderio di andare a teatro, quando le sale finalmente potranno riaprire”, è la convinzione e al tempo stesso la speranza che esprime l’attrice Pamela Villoresi, anche nelle vesti di direttrice artistica del Teatro ‘Biondo’ di Palermo. “Ci chiamano in continuazione per chiederci quando riapriremo, in tanti non vedono l’ora”.
“La Giornata internazionale del Teatro sia comunque una festa, anche in una situazione drammatica in cui sembra che ci sia poco da festeggiare… ma la data è importante e quella resta, magari rimandando la festa vera a un’altra data. Importante è non farci spaventare dal Covid e pensare senza paura al futuro” è la via che indica Giorgio Ferrara direttore artistico del Teatro Stabile del Veneto, che gestisce tre sale: il ‘Goldoni’ di Venezia, il ‘Verdi’ di Padova e il ‘Del Monaco’ di Treviso. “Il Covid non ci deve far paura e non deve impedirci di allestire la stagione futura: si devono fare gli accordi e proporre i titoli, come se ci trovassimo in una stagione normale, pensando e agendo come se il Covid non esistesse”.
“Tutti aspettavamo e speravamo di celebrare questa ‘Giornata internazionale del Teatro’ con le sale aperte, ma la realtà ha superato la volontà… non si è potuto fare nulla, neanche di simbolico” è il rammarico del direttore artistico del Sistina, Massimo Romeo Piparo, anche nelle vesti di presidente dell’Atp, l’Associazione dei teatri privati italiani. “Questa crisi ha dimostrato, come una cartina al tornasole, che il sistema dello spettacolo dal vivo non è all’altezza del nostro Paese e della sua dimensione e tradizione artistica e culturale. Finché stai sulla giostra sembra tutto bello e non hai nemmeno il tempo di pensare; quando poi la giostra si ferma, improvvisamente ti accorgi di dove sei, del punto in cui stai. Speriamo che dalla crisi per il Covid si lanci un segnale per cambiare o quanto meno rivisitare il nostro modo di operare. Il sistema-teatro non funziona e non mi riferisco solo alla prosa o al musical ma all’intero spettacolo dal vivo”.
“Questa ‘Giornata internazionale del Teatro’ serva a farci riflettere sul presente e sul futuro incerto del mondo teatrale e a ricordarci che il teatro è una esperienza sociale insostituibile e imprescindibile; è un ‘parlamento sociale’ e quando i teatri sono chiusi c’è un deficit di cultura e di democrazia”, tiene a sottolineare Antonio Calbi, direttore artistico dell’Inda, l’Istituto nazionale del Dramma antico di Siracusa, già alla guida del Teatro di Roma. “Indicare una Giornata che ricordi al mondo la necessità del teatro è importante; e fa male vedere come questa centralità sia oggi così fragile: dobbiamo riflettere sulla sua funzione e sulla precarità degli artisti e dei lavoratori del teatro. E’ uno specchio della vita umana e sociale e per questo deve restare sempre aperto”.
“La prima cosa da fare è invertire la rotta del nostro umore, davvero devastato da questa esperienza della pandemia per il Covid. E non arrenderci”, suggerisce Simona Marchini, regista e attrice. “Per il teatro, avrei un’idea ben precisa, per quanto possa apparire ‘minimalista’, per riaprire le sale che sono un luogo sicuro. Visto che il problema si concentra al momento dell’ingresso e dell’uscita dal teatro, perché non organizzare una sorta di servizio civile da parte di giovani, riconoscendo loro ovviamente anche una piccola remunerazione, per regolare l’entrata e l’uscita del pubblico? Un’idea da ‘vecchia zia’? Capisco che non sarebbe una cosa piacevolissima, ma la gente dovrà pur accettare dei piccoli sacrifici per consentire la riapertura dei teatri: ne vale la pena, no?”.
Paradossalmente, le ‘mascherine’ potrebbero regolare l’entrata e l’uscita dal teatro delle persone con la mascherina, nel luogo dove un tempo erano gli attori a indossare la maschera…
di Enzo Bonaiuto
COMMENTI