Anche l’Asi in corsa per le banchine portuali

È RIMASTO per quasi una trentina di anni, dalla dismissione dello stabilimento Enichem, ignorato e snobbato, con i traffici precipitati ai minimi st

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È RIMASTO per quasi una trentina di anni, dalla dismissione dello stabilimento Enichem, ignorato e snobbato, con i traffici precipitati ai minimi storici di qualche centinaio di tonnellate, giusto per far campare il pugno di portuali superstiti, e ora ci si accapiglia per ottenere la concessione delle banchine nella prospettiva di rilanciarne l’attività. Una situazione che non può che fare piacere: pensare di rimettere in gioco una struttura di grande potenzialità operativa, è iniziativa di tutto rispetto. Anche perché arriva a seguito di una massiccia operazione di rifunzionalizzazione della struttura che denuncia il lungo abbandono cui è stata costretta, avviata dall’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale presieduta da Ugo Patroni Griffi; nonché della istituzione della Zes e del Zfp.
MA LE COSE non paiono così semplici e chiare alla luce degli avvenimenti che si stanno accavallando. A rompere il blackout sceso e consolidato su quello scalo portuale, la Seasif Holding con una molteplicità di attività industriali e non solo, che ha presentato alle competenti autorità, essenzialmente Autority portuale con sede a Bari e Consorzio Asi di Foggia, un progetto industriale basato sulla lavorazione della “bentonite” e delle cosiddette “terre rare” da cui si ricavano i polimetalli utilizzati nell’industria dell’elettronica.
IL PROGETTO prevede quale fulcro essenziale, l’attivazione dei nastri trasportatori che corrono lungo i circa tre chilometri di braccio portuale, costruiti al tempo di Enichem ma mai attivati. La loro funzione è quella di trasportare le merci dalle navi all’impianto a terra, entra nel budget dell’investimento privato della Seasif. Pertanto la Seasif ha fatto richiesta di concessione delle banchine A1 e A2 nonché della banchina A5 specializzata per i liquidi utilizzata da Enichem per il trasporto di sostanze quali l’ammoniaca, il toluolo ed altro, che stoccava a terra in capaci serbatoi. L’intento della Seasif era quello di creare un filone d’impresa con il trasporto e stoccaggio di carburanti sia pure di quelli ecologici.
UNA INIZIATIVA sulla quale si sono subito accese le rimostranze delle associazioni ambientaliste locali che hanno decisamente bocciato l’idea di un porto come terminal di prodotti petroliferi. Tant’è che la Seasif, non essendo quell’attività funzionale all’attività industriale madre, l’ha subito cancellata.
IL COLPO di scena arriva a questo punto. L’Asi presenta all’Autority portuale una propria domanda di concessone della banchina A5 (liquidi) in concorrenza pertanto con la domanda di Seasif. L’Asi si avvarrà dell’azienda foggiana “Ecoinvest” di Pietro Forcella previo “patto integrativo”, per «la realizzazione delle opere necessarie per la ristrutturazione e ripristino delle opere infrastrutturali e per la promozione e l’organizzazione di un essenziale servizio che si porrà nel solco del rilancio del porto». A parte le edificanti parole, e il progetto di ristrutturazione dell’Autorfity portuale ammesso a finanziamento per 120milini di euro? Non solo. Il progetto Asi-Ecoinvest è quello, fidando «sulla previsione di consistenti finanziamenti e alla rinnovata attenzione verso le strutture portuali», di realizzare «un sistema di carico per il collegamento al naviglio sia per le operazioni di scarico di idrocarburi che il rifornimento dei mezzi navali». Ma non è – viene obiettato dalla gente – quello che si è vietato alla Seasif?
INSOMMA, dal niente al troppo e con le idee e le intenzioni non sempre chiare. Martedì 30, della questione se occuperà un tavolo presso la Regione, nella speranza che si riesca a trovare la soluzione più confacente alla ripresa portuale di Manfredonia ed evitare che tutto vada a monte.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante attività all'aperto
Michele Apollonio

 

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