FESTA DI SAN VALENTINO AMORE POSSESSIVO O AMORE OBLATIVO ? di Michele Illiceto

Ogni volta che arriva la festa di S. Valentino la gente torna a riflettere sul tema dell’amore, su che cosa esso sia e su come è cambiato in questi ul

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Ogni volta che arriva la festa di S. Valentino la gente torna a riflettere sul tema dell’amore, su che cosa esso sia e su come è cambiato in questi ultimi anni. La sensazione che si ha oggi è che l’amore sia abbastanza frainteso. C’è chi lo idealizza e chi lo banalizza. Chi con esso ci gioca e chi si impegna, dedicandosi anima e corpo. Chi ancora ci crede e chi invece, deluso o scottato, si tiene a debita distanza. Poi c’è anche chi ci prova e ci riprova, senza mai riuscire a trovarlo davvero, passando da un’esperienza all’altra come se fosse un collezionista di avventure.

Fondamentalmente noi siamo figli di due tradizioni, quella greca e quella biblica. La Bibbia ha una tale considerazione dell’amore che ad esso è dedicato un intero libro dell’A.T., il Cantico dei cantici. In sesso si legge “Le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutta la ricchezza della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio” (Ct 8,7). Addirittura, per chi crede, secondo la Prima Lettera di Giovanni,  Dio stesso è Amore (Agape). Il filosofo greco Platone ha pensato bene di dedicarvi il suo dialogo più famoso, il Simposio, dove, uno dei protagonisti, Fedro paragona Eros a un dio al quale è giusto rendere lode e dare onore, addirittura costruirgli templi e altari.

Due tradizioni che, anche se con registri e linguaggi diversi, forse vogliono dire la stessa e unica grande verità: e cioè che l’uomo è fatto per amare e per essere amato. Verità che più di duemila anni dopo, agli inizi del Novecento, verrà confermata dalla psicologia scientifica, in particolare dalla psicanalisi di Freud che farà di Eros, accanto a Thanatos, una delle due pulsioni fondamentali che condiziona il nostro intero arco esistenziale. Come a dire che, anche se non ci credi, l’amore ti invade e ti pervade, accompagnando ogni stagione della vita, condizionando scelte e decisioni siano esse consce o inconsce.

Addirittura,  E. Fromm nel suo famoso libro “L’arte di amare”, afferma che amare ed essere amati sono i due bisogni fondamentali attorno ai quali ruota tutta la nostra vita materiale, psicologica, spirituale e sociale. S. Paolo dice che “l’amore è il compimento della Legge” (Rm 13,10). Qualche secolo dopo gli fece eco il grande Agostino che ammoniva dicendo: “Dilige et quod vis fac” (“Ama e fà ciò che vuoi”). Nel senso che, se ami, non puoi non volere ciò che l’amore chiede.

E’ancora così oppure Internet ha stravolto tutto, introducendo nuove logiche e nuove visioni? La questione non è amare o non amare, ma con quale amore amare. Oggi, in giro, ci sono molti amori sbagliati, e non tanto da un punto di vista etico, ma psicologico. Parafrasando Bauman, in un tempo nel quale tutto è diventato  liquido, anche l’amore si va dissolvendo. E’ inaffidabile, fragile, immediato e senza durata, intenso ma poco profondo, inchiodato sul presente e incapace di farsi promessa e fedeltà. Certi amori finiscono non perchè chi ama è cattivo, ma solo perchè è immaturo. Come dice ancora Bauman, nel suo libro “Amore liquido”, certi amori sono come il latte: hanno una scadenza. E’ diventato, infatti, sempre più difficile restare con la stessa persona per tutta la vita.

Ci si innamora, ma subito ci si stanca, tanto che anche l’amore, inizialmente così meravigliosamente celebrato, in seguito rischia di diventare noioso. E’ colpa dell’amore o dipende dal fatto che, spesso, si arriva all’innamoramento con una diseducazione emotiva e un analfabetismo affettivo da paura?

Una cosa è certa: per amare bisogna imparare a decentrarsi, uscire dal proprio io per fare spazio all’altro. L’amore maturo non è per nulla possessivo ma fondamentalmente oblativo. Nel primo, caso amo l’altro per me, nel secondo amo l’altro per se stesso. Il problema è che molti confondono questi due amori, chiamando amore ciò che amore non è. Molti pensano di amare l’altro, ma in fondo (inconsciamente) amano solo se stessi.

Inoltre, molti pensano che l’amore sia solo un’emozione. Chi pensa questo, di solito, non ama l’altro, ma ciò che l’altro gli fa provare. Invece, l’amore è un sentimento che si radica nel tempo, e che in modo empatico ti spinge a sentire l’altro dentro di te. Col tempo, poi, tale sentimento, se matura, si trasforma in virtù, dandoti la capacità di reggere l’urto delle difficoltà che mettono questo amore alla prova. E’ qui che l’eros divenga agape: sì che amo l’altro anche quando non mi capisce, o forse non lo merita abbastanza. Ma molti oggi pensano che l’amore sia più una stazione di servizio piuttosto che un cammino nel quale bisogna crescere e maturare, e dove non si smette mai di imparare.

Lo dice sempre Platone nel Simposio, quando, col grande mito degli androgini, raccontato da Aristofane, afferma che in amore non esistono maestri. In amore nessuno è esperto. Non si può clonare un modello d’amore riuscito altrove. In amore non si fa copia e incolla.

Al contrario, ogni giorno è utile per imparare ad amare. Fromm afferma che  l’amore non si improvvisa, ma è un’arte che si impara col tempo e a proprie spese, anche sbagliando. Anche soffrendo. E si impara amando. Insieme. Aspettandosi e a volte anche pazientando. Non evitando le crisi, ma imparando a gestirle. Purtroppo, oggi, tutto questo nessuno più lo dice, tranne forse gli psicanalisti e qualche filosofo inascoltato.

E’ un grande errore separare l’amore dal dolore. Al contrario, chi ama con un amore maturo, anche se non è facile, non fa soffrire l’amato, ma soffre lui al posto suo. Per questo motivo, l’amore non va confuso con l’infatuazione e con la seduzione. E’impegno e non solo passione. E’appello e vocazione e non per nulla prestazione. E’ desiderio, come diceva Lacan, e non solo bisogno in cerca di autosoddisfazione. E’ responsabilità e cura per l’altro e non solo indiscriminata ricerca di un piacere a tutti i costi. L’amore maturo sa anche rinunciare perché a volte sa anche aspettare. Per imparare a donare. Perchè in amore, come ho scritto nel mio libro dal titolo “Amore. Variazioni sul tema”, vince chi perde.

In un mondo di parole vuote, forse oggi abbiamo bisogno di parole nuove per dire in modo diverso quell’elemento che in amore rimasto come il suo aspetto più antico, originario. E che il mondo virtuale, i social o i siti di incontro non riescono neanche a sfiorare. Abbiamo bisogno di una nuova grammatica dell’amore per un nuovo alfabeto delle emozioni. Ancora Platone afferma che amare è tentare di dire a parole qualcosa per cui non si hanno parole per dirlo. Eppure ci sono tre parole di cui ogni amore vero non può fare a meno. Le ha dette tempo fa Papa Francesco.

PERMESSO. E’ la parola che dell’attesa e del rispetto. Chiedo permesso perché l’altro non mi appartiene. L’amore non mi rende padrone ma mi rende custode, perché l’altro non lo si prende, ma lo si accoglie. Non è un oggetto ma un ospite. Prima, quando due si sposavano, si dicevano l’un l’altro: “Io prendo te”. Oggi, invece si dice: “Io accolgo te”.

L’amore è spoliazione, per questo prima di entrare nel corpo dell’altro devo togliermi i sandali, perchè l’altro è sacro. L’altro può sempre andare via, tocca a me farlo restare. Non certo con le armi della violenza, ma con le armi disarmanti e disarmate dell’amore. Appunto della donazione. Ma non c’è donazione senza spoliazione e viceversa.

GRAZIE.  È la parola della sorpresa e dello stupore. Perché l’amore non è scambio in nome di una semplice emozione o di una ricercata gratificazione. Oggi in giro ci sono troppe pratiche di mercificazione. “Grazie” invece è la parola della gratuità e del riconoscimento. Perché ciò che l’altro mi ha donato non l’ho mai davvero meritato. In amore si dice “Grazie” perché nulla è dovuto. L’amore non mi dà alcun diritto sull’altro, perché non si ama per necessità o per convenienza, ma solo liberamente per gratuità.

L’amore è la passione della gratuità, cioè esser felice per aver reso felice un altro. “Grazie” è la parola che impedisce all’amore di morire nell’abitudine, per ricominciare ogni giorno ad amare con un amore nuovo. Per questo l’amore è l’incontro di due libertà che si scelgono ogni giorno nella reciproca fedeltà.

SCUSA. Platone dice che siamo due metà ferite da un taglio con il quale Zeus ci ha separati, divisi, “secati” (da cui sexus = sesso). Se è così, allora l’amore è l’incontro di due fragilità che si prendono reciprocamente in carico. Per questo “Scusa” è la parola della ripartenza che ricompone le nostre fragilità dopo che uno dei due ha sbagliato. Perché non si è mai all’altezza di ciò che l’altro merita. In amore si ha bisogno di tempo per imparare a conoscersi, capirsi, incontrarsi e di nuovo a cercarsi.

Amare non è adorare. Si adora ciò che è perfetto, mentre si ama ciò che è fragile e limitato. Chi ama non deve mai idealizzare l’altro aspettandosi da lui o lei ciò che forse non potrà mai dare, altrimenti potrebbe ritrovarsi ad amare una persona che non esiste. Non amo l’altro perché è perfetto, ma perché è fragile come me. Non ci doniamo le perfezioni, ma le nostre fragilità. E il limite che ci separa in fondo ci unisce, perché è lì che ci incontriamo e ci accogliamo.

Come ci hanno insegnato sia Platone che il libro della Genesi, l’amore è l’incontro di due mancanze che nella notte si cercano per completarsi. E la fragilità non è un motivo per smettere di amarsi, ma una ragione in più per imparare l’arte di aspettarsi, restando l’uno all’altro accanto. L’amore non teme i limiti, ma li assume per trasfigurarli. E gli errori saranno l’occasione per trasformare l’amore da dono in perdono. In questo modo ogni crisi diventa una sorta di apprendistato, perché l’amore ha il potere di farci rinascere anche dai nostri errori.

Il perdono non è oblio. Perdonare non è dimenticare ma solo una via per guarire, per rialzarsi e ripartire, per non smettere di cercarci ogni giorno come se fosse il primo. Perché amare, in fondo, è dare all’altro il permesso di sbagliare, sapendo che nessuno è al riparo da eventuali errori e che tutti abbiamo qualcosa che ha bisogno di essere perdonato.

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